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cosa pensate del caso Visco-Speciale?


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Intendo che avessi inteso che ti avessi dato del fazioso per aver interpretato le parole invece "chiare" di Scalfari, come vedi invece nel mio post io dico che " trovo fazioso ricondurla senza dubbio alcuno come loro (Scalfari e D'avanzo nda) fanno a..."

 

o sei Scalfari e D'avanzo oppure hai letto tu senza attenzione :fischietto:

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Aggiungo, leggetevi questa:

 

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200706articoli/22401girata.asp

 

6/6/2007 - IL RETROSCENA

D'Alema, i veleni delle spie Telecom

e i conti segreti in Sud America

 

 

Spunta un dossier per incastrare il ministro: «Fondi movimentati al capo della Farnesina»

 

PAOLO COLONNELLO

 

Sono due righe scritte in inglese all’interno di un voluminoso rapporto «privilegiato e strettamente confidenziale» intitolato «Project Tokyo» e redatto dagli uomini della Kroll, l’agenzia di investigazioni private americana più importante del mondo. Due righe che si ritrovano anche in alcune e-mail intercettate dagli uomini della Security Telecom di Giuliano Tavaroli sul computer di un agente della Kroll, tale Erginsoy, e che finiscono in un gigantesco file che racconta la guerra tra Marco Tronchetti Provera e Daniel Dantas (titolare del fondo brasiliano CvC-Opportunity) per il controllo di Brasil Telecom: il rapporto «K».

 

Una storia di anni fa ma resa attuale dal caso Visco-Speciale

Due righe che però riguardano anche la politica italiana e ne sono forse il cuore avvelenato delle polemiche di questi giorni che, dietro il caso Visco-Speciale, il caso Antonveneta-Unipol, e il caso Telecom, puntano in un’unica direzione, rivelare ciò che nei chiacchiericci romani si mormora da tempo e che lega in fondo, e vedremo il perché, tutte queste storie: l’esistenza di conti segreti di alcuni esponenti della maggioranza, in particolare del ministro degli Esteri Massimo D’Alema.

 

Esistono questi conti? Negli atti in mano alla Procura milanese delle varie inchieste condotte negli ultimi due anni, c’è un solo riferimento a questa circostanza ed è contenuto in quel file dell’indagine Telecom. Due righe, non di più, di cui La Stampa è in grado di rivelare il contenuto. Eccole: «Source intelligence in Italy indicates that Inepar (un fondo brasiliano, ndr) was the company that moved funds for the then Prime Minister D’Alema, which involved Tl activities». Tradotto in italiano significa che «fonti d’intelligence in Italia indicano che Inepar era la società che ha movimentato i fondi per l’allora primo ministro D’Alema, che ha coinvolto le attività di Telecom».

 

L’origine: è il rapporto della Kroll stilato ai tempi dello scontro su Brasil Telecom

In una e-mail datata 29 marzo 2004, tale Charles della Kroll scrive anche: «Mi piace questo angolo di Inepar... Ho saputo qui in Italia che Inepar era la società che ha movimentato i soldi per D’Alema, coinvolto nelle attività di Telecom...». Nello stesso rapporto si ricostruiscono anche le varie scalate Telecom, attribuendo quella «dell’era Colaninno», ma è cosa nota, sempre alla benevolenza di D’Alema. Sono accuse gravi che però si fermano qui, non trovano cioè altri riscontri, pezze d’appoggio, documenti per dimostrare un’affermazione tanto pesante quanto palesemente, almeno in quei rapporti «confidenziali», non dimostrata. Eppure questa storia di un presunto conto in Brasile dell’attuale ministro degli Esteri viene scritta nero su bianco e viene da una parte consegnata dalla Kroll ai suoi committenti brasiliani, dall’altra intercettata dagli uomini del «Tiger Team» di Fabio Ghioni che la ritrasmette a Tavaroli insieme al dossier completo delle attività Kroll in Brasile, spionaggio su Tronchetti e famigliari compreso. Diventa cioè uno dei tasselli del gigantesco puzzle di misteri e dossier che da mesi sta avvelenando la vita politica italiana.

 

Telecom e Unipol

Per capire infatti il duro scontro in atto in questi giorni tra maggioranza e opposizione sul caso Visco-Speciale, bisogna allargare il campo anche alla vicenda Telecom e al giro di spioni pubblici e privati che la animano, nonché interpretare correttamente i risvolti della vicenda Unipol, contestualizzando il tutto in uno scenario più generale. Non si tratta necessariamente di descrivere un gigantesco complotto, ma di seguire le tracce di una serie di avvenimenti che si concatenano tra loro e che offrono, a chi le sa sfruttare, opportunità di ricatto o di scambi silenziosi. Ma non limpidi. Dunque: il «Progetto Tokyo» e i suoi inquietanti contenuti (dentro e in alcuni allegati si trovano anche riferimenti a Berlusconi e al suo ruolo nella partita Telecom) vengono intercettati nel 2004.

 

Gli spioni

La prima domanda è: chi sarà mai la fonte «d’intelligence» in Italia che fa sapere agli uomini della Kroll dell’esistenza di soldi di Massimo D’Alema movimentati in un fondo brasiliano? Mistero. Impossibile non notare però un verbale del 14 dicembre scorso davanti al gip Gennari e ai pm dell’inchiesta Telecom reso dal dirigente del Sismi Marco Mancini, accusato di aver passato informazioni riservate del servizio alla premiata ditta Tavaroli & Co. Ebbene, Mancini racconta di aver ricevuto «dopo il 2003» dei dossier sui conti esteri di alcuni politici della Quercia e dell’Udc che gli sono stati consegnati da Emanuele Cipriani, investigatore fiorentino legato ad ambienti massonici (è buon amico della famiglia Gelli), nonché principale fornitore dei dossier ordinati da Telecom e animatore di un network di investigatori e uomini delle Forze dell’Ordine che arrotondano i loro stipendi trafugando informazioni dalle banche dati riservate dello Stato.

 

Laziogate

Cipriani è anche legato ad ambienti della destra, visto che si arriva a lui indagando sull’oscura vicenda del Laziogate, dove, secondo le accuse, l’ex presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, si avvale di alcuni uomini del network di Cipriani per far spiare e fabbricare falsi dossier su Alessandra Mussolini e Piero Marrazzo, entrambi suoi concorrenti alla poltrona della presidenza della Regione Lazio. Non si capisce a che titolo e con quali mezzi Cipriani abbia indagato su presunti conti esteri della Quercia («dossier Oak») e del segretario Udc Lorenzo Cesa. Fatto sta che un bel giorno Cipriani consegna queste carte a Mancini. Il quale le porta all’allora capo del Sismi Nicolò Pollari. E qui iniziano i problemi. Mancini spiega infatti ai magistrati che Pollari gli consigliò di contattare i diretti interessati per sottoporre loro quel materiale. Procedura davvero singolare: un alto dirigente delle istituzioni viene a conoscenza di fondi segreti di esponenti di spicco della politica italiana e invece di rivolgersi alla magistratura o di ordinare indagini più approfondite, ritiene di doverli sottoporre, o almeno così sostiene un suo subordinato, ai diretti interessati. I quali, afferma Mancini, definirono quelle carte delle «fesserie». I diretti interessati, ovvero il senatore diessino e braccio destro di D’Alema, Nicola La Torre, e il segretario Udc, Lorenzo Cesa, smentiscono però questa versione dicendo di non avere mai saputo niente di dossier sui conti esteri fatti vedere da Mancini. La cosa sembra finire lì.

 

Unipol e Abu Omar

Nel frattempo, tra il 2003 e il 2005, succedono cose straordinarie. La magistratura milanese apre un’inchiesta sulla scalata Antonveneta scoprendo anche risvolti sulla scalata Unipol Bnl, con intercettazioni che vengono definite «politicamente imbarazzanti» per alti esponenti diessini. Quasi contemporaneamente si scopre anche che un cittadino egiziano sospettato di terrorismo, Abu Omar, è stato rapito nel marzo del 2003 in una strada di Milano da un commando di agenti della Cia con la complicità di agenti italiani (e forse di uomini che hanno operato con la Security Telecom) e che del sequestro era informato l’ex capo del Sismi Pollari, nonché lo stesso Marco Mancini - che pure per questa vicenda verrà arrestato - ed esponenti del governo Berlusconi. Dunque, ci sono a questo punto due storie che si muovono parallelamente e che tra la primavera e l’estate scorsa sembrano raggiungere lo zenith: l’inchiesta Antonveneta-Unipol-Bnl, che porta a scoprire il pagamento da parte di Emilio Gnutti di una consulenza di 50 miliardi di lire a Giovanni Consorte (presidente Unipol) e Ivano Sacchetti (il vice) per la rinegoziazione della vendita Telecom a Tronchetti Provera; dall’altra l’inchiesta sul sequestro Abu Omar che fa finire sotto accusa lo stesso Pollari per il quale la procura chiede il rinvio a giudizio con l’accusa di concorso in sequestro di persona. Sullo sfondo intanto inizia a muoversi l’indagine sui dossier Telecom.

 

Il caso Visco

È in questo momento caldissimo, luglio 2006, che s’inserisce la decisione del vice ministro Visco di rimuovere da Milano la catena di comando della Gdf. Una decisione che subito, nonostante le decise smentite del viceministro, qualcuno accredita come determinata dall’indagine condotta dalla Gdf sulla scalata Unipol-Bnl. Perché? Perché da quell’indagine sono scaturite alcune intercettazioni su vari uomini politici che solo in questi giorni un perito incaricato dal gip Clementina Forleo sta trascrivendo in vista di un’udienza peritale prevista per lunedì prossimo. Eppure una di queste intercettazioni, nemmeno trascritta ma conservata in un file a disposizione di almeno una decina di computer di inquirenti e investigatori, finisce sulle pagine de «Il Giornale». È la famosa conversazione tra il segretario dei Ds Piero Fassino e l’allora presidente di Unipol Giovanni Consorte («Allora abbiamo una banca?»). Nulla di penalmente rilevante eppure, squadernata verso il finire della campagna elettorale (era aprile) deflagra come una bomba e ingenera nuovi sospetti sulla possibilità che esistano ben altre conversazioni e maggiori compromissioni. Il fatto poi che Gnutti abbia pagato una cifra esorbitante, 50 miliardi, allo stesso Consorte per una consulenza sulla vendita Telecom tuttora all’attenzione della Procura milanese e che questi soldi, prima di rientrare in Italia per essere sequestrati, abbiano preso aria su dei conti esteri, ingigantisce ipotesi e presunti misteri. Chi ha passato quella intercettazione al Giornale? Fonti autorevoli sostengono che quell’intercettazione sia giunta da ambienti romani e non da via Fabio Filzi, sede della Gdf milanese. Eppure fare credere il contrario conviene a chi vuole accreditare l’idea di una vendetta politica del viceministro nei confronti dei quattro ufficiali milanesi da trasferire. Nel frattempo si consuma, lontano dai riflettori, lo scontro tra Visco e Speciale. Gli ufficiali alla fine non verranno rimossi e anche questa storia cade nell’oblio. In realtà diventerà il detonatore di una bomba ad orologeria che un anno più tardi, cioè ai giorni nostri, verrà fatta esplodere rianimando gli spettri dei conti esteri della Quercia. Per giunta proprio a ridosso dell’udienza davanti al gip che dovrà finalmente rendere conto delle intercettazioni Unipol-Bnl, un centinaio, non di più.

 

E il Sismi tace

Sono davvero così esplosive queste intercettazioni? Chi le ha potute ascoltare, sostiene che non vi sia nulla di più di qualche affermazione che potrebbe provocare degli imbarazzi politici. E allora? Perché tutta questa inquietudine? Perché in realtà qualcosa che porta a dei conti esteri della Quercia esiste, si trova invece agli atti dell’inchiesta Telecom ed è, al momento, la frase che abbiamo pubblicato. Lo intuiscono perfettamente anche alla segreteria dei Ds che, non a caso, due settimane fa si presentano in Procura con il tesoriere Sposetti costituendosi parte offesa e facendo riferimento proprio ai dossier di cui ha parlato l’ex capo del controspionaggio Marco Mancini. Manca infine ancora una versione, quella dell’ex capo del Sismi Niccolò Pollari, per il quale il governo Prodi, a differenza di Berlusconi, si spende fino ad entrare in conflitto aperto con la Procura di Milano opponendo sul caso Abu Omar il segreto di Stato e rivolgendosi alla Consulta per scaricare sui pm milanesi accuse da galera. E’ Pollari, stando a Marco Mancini, che ha potuto vedere bene questi dossier sui conti della Quercia e di Massimo D’Alema. E che forse potrebbe avere un’idea a quale fonte d’intelligence italiana si siano abbeverati gli spioni privati della Kroll per scrivere il loro rapporto «Tokyo».

Modificato da curvadong
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Insomma par di capire la "nuova P2" di Scalfari sarebbe questo intreccio di inchieste e di atti giudiziari pendenti o potenzialmente pendenti sui vertici DS.Il fatto che Prodi abbia messo il segreto di stato sul rapimento Abu Omar, segreto che lo stesso nefando Berlusconi non aveva esercitato, deve far riflettere, concesso che in questa vicenda non sia certo tutto chiaro.

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