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Una lettera per riflettere


curvadong

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Sulla vita e sul suo valore ieri e oggi.

 

 

 

Caro direttore, ti scrivo, cosa insolita per un tuo giornalista, perché abitualmente mi occupo di temi culturali mentre questa volta sono in gioco da un lato valori umani fondamentali, dall'altro la ricostruzione del nostro recente passato. A trent'anni di distanza si infittiscono le rievocazioni degli "anni di piombo".Ben venga una riflessione ponderata su quegli eventi sanguinosi, meglio ancora se sostenuta da nuovi elementi di fatto.

 

Ma esibire buoni sentimenti con trent'anni di ritardo,capovolgendo il giudizio sulle dolorose decisioni di allora, è da irresponsabili. Ha cominciato l'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ministro dell'Interno nel 1977-78, dichiarando al «Corriere della Sera» che oggi non invierebbe più i mezzi blindati della polizia contro«il movimento del '77»: un ripensamento che oggi non costa nulla e nella sua futilità suona offensivo per le vittime. Poi, il segretario politico dei Ds Piero Fassino e l'ex direttore dell'Unità ed ex presidente della Camera dei deputati Pietro Ingrao hanno dichiarato che nel 1978 è stato«un errore»non trattare con le Brigate rosse per salvare la vita delpresidente della Democrazia cristiana Aldo Moro.

 

A quel tempo, come dirigenti del Partito comunista, condividevano pienamente la «linea della fermezza »; oggi la ritengono sbagliata perché «è sempre giusto salvare una vita ». E qualcuno ha addirittura messo sullo stesso piano lo scambio di prigionieri che ha salvato la vita a Mastrogiacomo, il giornalista di Repubblica sequestrato in Afghanistan, con la liberazione dei brigatisti chiesta nel 1978 dai terroristi che tenevano prigioniero Aldo Moro. Questi ripensamenti tardivi suggeriscono una ricostruzione dei fatti che può trarre in inganno i nostri giovani lettori. Qualcuno ha addirittura presentato ipolitici contrari allatrattativa come i «veri assassini» di Moro. Nel suo libro sul '77 Lucia Annunziata parla di «parricidio» a proposito dei dirigenti democristiani e del loro presidente. In simili ricostruzioni è implicito che sarebbe bastato un gesto di umanità per salvare la vita di Moro. Si è proclamato addirittura, come se fosse un fatto scontato, che «eravamo in guerra e in guerra è previsto lo scambio di prigionieri». Tutto falso. Non basta dichiarare guerra perché la guerra esista. Non ci fu alcuna guerra,ma lo scontro sanguinoso fra il nostro Stato democratico e una banda di assassini autoproclamatasi «avanguardia rivoluzionaria ». I ferimenti, gli omicidi, per quanto numerosi e dolorosi,non hanno mai avuto alcun rapporto con un'autentica attività rivoluzionaria in grado di cambiare l'assetto politico e sociale del Paese. Essere riconosciuti come «combattenti» era proprio l'obiettivo fondamentale delle Brigate rosse.

 

La «fermezza» non fu un patto scellerato fra Dc e Pci ma una lineadi condotta condivisa dall'intero schieramento politico, compresi molti dirigenti socialisti, come Sandro Pertini e Leo Valiani. Chi pensa, oggi, che allora si potesse, si dovesse cedere ha dimenticato i cinque agenti di scorta assassinati in via Fani. Le lettere di Moro, autentiche per chiunque sapesse intendere, chiedevano di trattare. Lo chiedeva la sua famiglia. Respingere quella richiesta di aiuto non deve essere stato facile né per Cossiga, né per il segretario della Dc Benigno Zaccagnini, né per il pontefice Paolo VI, che chiese agli «uomini delle Brigate rosse» di lasciare libero Moro «senza condizioni ». Tutti e tre erano amici personali di Aldo Moro. Con che disinvoltura, oggi, si "corregge" il loro errore e li si accusa di mancanza di umanità!

 

Problema diverso sono le connivenze che protessero e forse pilotarono le Br dall'interno degli apparati deviati dello Stato. Il fatto che l'unità di crisi presso il ministero dell'Interno fosse quasi interamente costituita da iscritti alla loggia massonica P2 vorrà pur direqualcosa. È probabile che le indagini siano state sviate da quelle complicità, neutralizzando l'unica via per salvare la vita di Moro: individuare la sua prigione. Ma di queste coperture i capi brigatisti, Mario Moretti in testa, non hanno mai parlato.

 

Andrea Casalegno figlio di Carlo, ucciso 30 anni fa dalle BR.

 

 

Caro Andrea, questa insolita corrispondenza pubblica tra colleghi necessita, soprattutto a beneficio dei lettori più giovani, di una spiegazione. Noi ci conoscemmo, caro Andrea,nella più drammatica delle occasioni: trent'anni fa, sulla porta di una stanza dell'ospedale Molinette di Torino, nella quale tuo padre Carlo, colpito dal terrorismo rosso, lottava invano contro la morte. Io non dimenticherò mai la dolcezza della tua espressione di dolore e l'infinita cortesia riservata a un cronista invadente. So quanto ti è costato scrivere questa lettera. Ma il sacrificio, credimi, non sarà inutile. Spero che la leggano con attenzione coloro che, con superficialità e improvvisi vuoti di memoria, sono approdati al proscenio dei "ripensamenti tardivi", al gioco intellettuale dei "se", ai gesti umanitari retrospettivi tanto belli da esibire quanto privi di costi. Le rievocazioni degli " anni di piombo"si susseguono mentre gran parte delle vittime di quella stagione del terrorismo (non ci fu alcuna guerra),battuta solo dalla fermezza e dalla dignità dello Stato, giace in uno scandaloso dimenticatoio. La scena pubblica vede, al contrario, molti dei colpevoli scrivere libri e dare interviste. La memoria si è rovesciata.

F. de B.

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Curva,

il tema che introduci si presterebbe a notevoli approfondimenti... cerco di essere sintetico.

 

Non credo che chi ha agito per difendere la democrazia abbia fatto male 30 anni fa ad essere intransigente e a prendere decisioni difficili. Tra parentesi, credo che non avrebbero potuto prenderne altre, altrimenti ci sarebbe stato un golpe. E' vero che la storia del terrorismo si intreccia con quella delle stragi di Stato in un nodo spesso inestricabile.

 

Detto questo...massima critica ai pentimenti tardivi su azioni giuste e pubblico disprezzo per quello che ha detto Fassino sul caso Moro; nella migliore delle ipotesi è superficiale, e a prescindere vergognoso.

 

Ma l'acredine con cui i parenti delle vittime delle BR si accaniscono sugli esponenti delle stesse quando scrivono libiri e partecipano ai convegni...non sono d'accordo.

 

Queste persone hanno sbagliato ed hanno pagato (spesso con moltissimi anni di carcere) e quando il debito con la società è estinto o in via di estinzione non si può proibire a chicchessia di avere una seconda chance e rifarsi una vita.

 

Non credo che segregando l'esperienza che queste persone portano nei loro racconti (spesso mettendo in chiaro quanto loro siano lontano da esse) ed impedendo loro di vivere normalmente si faccia una cosa buona e corretta.

 

 

Se uno non è capace di perdonare (e io non so proprio se lo sarei) almeno trovi la forza morale di lasciar andare chi ha sbagliato per la sua strada, sperando che sia giusta.

 

Ciao

 

B,

Modificato da Brasileiro
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Brasileiro Ieri, 08:21 PM

Non credo che chi ha agito per difendere la democrazia abbia fatto male 30 anni fa ad essere intransigente e a prendere decisioni difficili.

 

 

Per me la tua tesi di uno Stato che non ha ceduto al ricatto per difendere la Democrazia non è accettabile e ti spiego perchè: perchè sappiamo tutti che l'On Moro rappresentava un'apertura forte alla sinistra, al 'comunismo' che in quegli anni faceva tanto paura infatti Moro era intento a favorire l'alleanza tra PCI e DC e con il suo assassinio quel compromesso fallì definitivamente.

 

tu dici che Moro fu 'lasciato morire' concedimi il termine, per difendere la Democrazia ma allora devi spiegarmi come mai quello stesso Stato che non ha ceduto ai terroristi con Moro ha poi instaurato una trattativa con quelle stesse Br coinvolgendo anche i Servizi Segreti e la Camorra di Cutolo quando ad essere rapito fu un certo Ciro Cirillo (un assessore della regione Campania), almeno all'apparenza non di rilievo come l'On. Moro.

 

Cirillo si e Moro no? spiegami perchè.

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Ho modificato il mio messaggio eccolo

 

Brasileiro Ieri, 08:21 PM

Non credo che chi ha agito per difendere la democrazia abbia fatto male 30 anni fa ad essere intransigente e a prendere decisioni difficili

 

Per me la tua tesi di uno Stato che non ha ceduto al ricatto per difendere la Democrazia non è accettabile e ti spiego perchè: perchè sappiamo tutti che l'On Moro rappresentava un'apertura forte alla sinistra, al 'comunismo' che in quegli anni faceva tanto paura infatti Moro era intento a favorire l'alleanza tra PCI e DC e con il suo assassinio quel compromesso fallì definitivamente.

 

tu dici che Moro fu 'lasciato morire' concedimi il termine, per difendere la Democrazia ma allora devi spiegarmi come mai quello stesso Stato che non ha ceduto ai terroristi con Moro ha poi instaurato una trattativa con quelle stesse Br coinvolgendo anche i Servizi Segreti e la Camorra di Cutolo quando ad essere rapito fu un certo Ciro Cirillo (un assessore della regione Campania), almeno all'apparenza non di rilievo come l'On. Moro.

 

Cirillo si e Moro no? spiegami perchè.

 

Infatti Curva sono 30 anni che di 'Misteri Italiani' che coinvolgono anche le stragi come Piazza Fontana ma vorrei che Brasileiro che sostiene la tesi dello Stato difensore della democrazia ci spiegasse perchè Moro fu fatto ammazzare e Cirillo no.

 

un giornalista che stimo molto, Carlo Lucarelli, disse una volta una frase che mi colpì molto: non esistono misteri italiani ma solo segreti che sono custoditi dagli autori e i mandanti di quelle stragi e di quegli eventi.

 

è incredibile come a distanza di tanti anni non c'è mai stato nessuno logorato dalla propria coscienza che abbia deciso di dire la verità.

 

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Modificato da castano_chiaro
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Castano, io non ho enunciato nessuna tesi, ho cercato di sintetizzare il mio pensiero sul tema lanciato da Curva.

 

Se vuoi spostare la discussione sul tema Moro...io ho letto tutto il possibile sul terrorismo rosso e sul rapimento di Moro, inclusi gli atti processuali (le cui udienza negli anni 80 venivano trasmesse da Radio Radicale) . Posso dire di saperne, se non su quello che è accaduto, su quello che le ricostruzioni dicono che sia accaduto, da tutte le parti.

 

Sono arrivato ad una mia conclusione che potrei supportare con notevoli elementi, senza pero averne la certezza.

 

Io credo che in quei 45 giorni il Governo Italiano sia stato semplicemente il notaio delle decisioni prese dagli Stati Uniti. Non c'era altra alternativa per chi era al governo (incluso Andreotti) che lasciare che le cose andassero come sono andate.

 

Non credo che sia stato fatto nulla per salvare Moro, ma non credo che chi era al governo potesse fare nulla per salvarlo.

 

Uno dei motivi più forti a sostegno di questa tesi è la forte ostilità che Kissinger (grande manovratore della politica americana anche dopo Nixon) aveva nei confronti di Moro.

 

Moro aveva una visione della politica internazionale molto diversa da quella in voga a quel tempo negli ambienti americani, specie sulla questione palestinese.

 

Riteneva accettabile l'idea di un PCI impegnato nell'azione di governo, cosa che gli USA non avrebbero mai accettato.

 

Con una DC al 40 e un PCI al 35% capisci che la partita era molto difficile.

 

Non credo che gli USA abbiano comandato alle BR di rapire Moro, ma che abbiano lasciato fare ed abbiano manipolato governo e BR in un gioco di scacchi.

 

Come vedi, diversamente da molti che stanno a sinistra, non incolpo la DC per quello che accadde: semplicemente vivevamo in un mondo diviso in blocchi, e soffrivamo come altre nazioni di forti limitazioni della nostra libertà, anche se eravamo meno oppressi dei popoli dell'Est.

 

Avendo detto questo il motivo per cui con Cirillo la mediazione si trovò, è sfuggente solo a chi pensa che Moro e Cirillo fossero comparabili.

 

Nel caso di Cirillo, si parlava di uno che aveva le mani in pasta nelle amministrazioni comunali e contatti con la malavita...un affaretto locale.

 

Dare in cambio qualcosa non coinvolgeva altro che interessi regionali.

La posta in palio era infinitamente più bassa, cosi come lo era per D'Urso.

 

Questa è secondo me la ragione per cui lo Stato, così inflessibile con Moro, si piegò senza problemi alle richieste per altri prigionieri meno importanti.

 

ciao

 

B.

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Condivido quasi tutto di Bras però non mi convince l idea di Cirillo come emblema di un affaretto.

In nquesto afffare c entrava gentaglia come Gava,c entrava Cutolo, c erano i brigatisti napoletani collusi con la camorra.I servizi segreti deviati.Se poi penso che Andreotti fino all ottanta,secondo la magistratura,ha avuto contatti con la mafia,non riesco propio ad identificare uno Stato cosi fermo nel caso Moro mentre nel caso Cirillo invece si scomodò Cutolo pèer liberarlo.Qualcos a non quadra.

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ma guarda...si sa bene che il golpe Borghese del 1971 era stato organizzato anche con la mafia e gli americani sapevano tutto...si dice anche che sarebbe dovuto essere Andreotti (secondo documenti non piu coperti da segreto di stato americano) il premier a seguito del golpe...

 

La mafia non destabilizzava l'Italia la politica di Moro a tendere sì, almeno nella prospettiva americana.

 

Sappiamo chi aiutò gli americani in Sicilia quando sbarcarono...

 

Erano proprio affari nazionali...

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ma guarda...si sa bene che il golpe Borghese del 1971 era stato organizzato anche con la mafia.

 

La mafia non destabilizzava l'Italia la politica di Moro a tendere sì, almeno nella prospettiva americana.

 

Sappiamo chi aiutò gli americani in Sicilia quando sbarcarono...

 

Erano proprio affari nazionali...

 

Beh infatti,diciamo la stessa cosa.Moro destabilizzava i piani americani,mentre Cirillo nella sua pochezza umana e politica non solo non rappresentava un pericolo ma faceva parte di quella parte malata del paese,che piaceva molto agli americani.

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Brasileiro

Io credo che in quei 45 giorni il Governo Italiano sia stato semplicemente il notaio delle decisioni prese dagli Stati Uniti. Non c'era altra alternativa per chi era al governo (incluso Andreotti) che lasciare che le cose andassero come sono andate.

 

Non credo che sia stato fatto nulla per salvare Moro, ma non credo che chi era al governo potesse fare nulla per salvarlo.

 

Purtroppo questo ed allego questo interessante articolo: Rapimento Moro, Gradio, Servizi etc.

 

http://www.rifondazione-cinecitta.org/gl.html

 

su Cirillo che altro aggiungere, Cirillo era presidente della commissione della ricostruzione del dopo terremoto in Campania, un affare impressionante che ebbe per questo un epilogo positivo nella sua liberazione grazie al compromesso fra politica, malavita organizzata, economia ed eversione.

 

i soldi prima di tutto. e già dove ci sono i soldi anche gli ideali più radicati vengono meno.

Modificato da castano_chiaro
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