Brasileiro Inviato: 4 Agosto 2006 Segnala Share Inviato: 4 Agosto 2006 http://italy.indymedia.org/news/2005/12/936656.php LAVORO&WELFARE Chi ha paura del modello danese? LUIGI CAVALLARO Chi ha paura del modello danese? Il dibattito sulla provocazione di Francesco Giavazzi sul Corriere della sera del 26 novembre si è acceso repentino, ma non saprei con quanta consapevolezza della posta in gioco. Quel che si sta sperimentando in Danimarca non è la solita ricetta di flessibilità in danno dei soliti noti: si tratta di qualcosa estremamente differente e innovativo, che potrebbe essere accostato a «rivoluzioni» come le assicurazioni sociali di Bismarck, l'Iri di Beneduce o la Tennessee Valley Authority di Roosevelt. La flexicurity danese, cioè quel mix di flessibilità e sicurezza che suscita ammirazione in tutta Europa (al punto che l'Austria, che assumerà la presidenza dell'UE dal prossimo gennaio, l'ha posta fra le priorità della sua agenda politica), si basa infatti su tre pilastri, solo due dei quali sono stati però ricordati negli interventi di questi giorni. Il primo è la flessibilità del mercato del lavoro, che si manifesta in una legislazione drasticamente permissiva in tema di licenziamenti e in un'elevatissima mobilità dei lavoratori. Il secondo sono gli strumenti attivi e passivi di sostegno alla disoccupazione: in Danimarca, l'indennità per i disoccupati è pari al 90% dell'ultimo stipendio e viene concessa fino a un periodo massimo di quattro anni; contemporaneamente, i disoccupati vengono avviati lungo un percorso di riorientamento e formazione professionale e sono tenuti ad accettare qualunque offerta di lavoro coerente con la loro qualificazione (purché non richieda spostamenti superiori a due ore), pena la perdita del sussidio. C'è però un terzo e più importante pilastro, non a caso abilmente taciuto dai «danesi» di casa nostra, e sta negli «schemi di congedo», introdotti nel 1993. Si tratta di un sistema che consente ai dipendenti pubblici e privati di assentarsi dal lavoro per motivi di studio o formazione, maternità o periodi sabbatici. Durante questo periodo, essi vengono pagati dallo Stato, mentre il loro posto viene coperto dai disoccupati. Secondo gli analisti, questi «schemi di congedo» hanno ridotto la disoccupazione di circa il 2%. Se aggiungiamo che l'orario di lavoro settimanale medio dei lavoratori danesi è di 35,5 ore (contro le nostre 39) e che le ferie e le festività si portano via 37 giorni l'anno (contro i nostri 31), ce n'è abbastanza per concludere che il successo del «modello danese» si basa largamente su di una redistribuzione del lavoro, vale a dire sull'unica misura concretamente disponibile nelle società avanzate per combattere la disoccupazione, visto che la velocità con cui inventiamo strumenti economizzatori di manodopera è di gran lunga superiore a quella con cui riusciamo a trovare nuovi impieghi per la stessa manodopera. È in questo senso che il modello danese possiede indubbie potenzialità innovative. Il blocco nello sviluppo delle nostre società rimonta infatti essenzialmente all'esaurimento della strategia di impiegare (direttamente o indirettamente) alle pubbliche dipendenze i lavoratori eccedentari rispetto ai bisogni della macchina capitalistica, strategia che mostrò la corda a metà degli anni Settanta a causa dello scollamento intervenuto fra le attività messe in moto dallo Stato (scuola, sanità, previdenza, trasporti, ecc.) e i bisogni che queste, in ipotesi, avrebbero dovuto soddisfare. Il buio in cui da allora viviamo ci ha fatto praticamente dimenticare che la disoccupazione non è che un sintomo del fatto che l'umanità sta avviandosi verso la soluzione del problema economico - il problema del bisogno e della miseria. I danesi, procedendo a tentoni, hanno forse individuato una via d'uscita, della quale - è decisivo ricordarlo - sono parte essenziale un prelievo fiscale pari al 56,5% sul Pil (contro il nostro 45,7%) e una spesa pubblica attestata al 55,6% del Pil (contro il nostro 48,7%), nella cui composizione spiccano trasferimenti sociali e investimenti nell'istruzione (pari rispettivamente al 12% e all'8,5% del Pil). Insomma, chi ha paura del modello danese? Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Brasileiro Inviato: 4 Agosto 2006 Autore Segnala Share Inviato: 4 Agosto 2006 Aggiungo io "quelli che vogliono disporre del diritto di licenziare come la clava" "quelli che vogliono lavoratori più produttivi ma non sono disposti a investire 1 ora in formazione e poi si lamentano perchè abbiamo un gap competitivo" :) Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Brasileiro Inviato: 4 Agosto 2006 Autore Segnala Share Inviato: 4 Agosto 2006 (modificato) altri contributi http://www.locandariformista.net/dblog/articolo.asp?id=108 http://www.locandariformista.net/dblog/articolo.asp?id=109 http://www.locandariformista.net/dblog/articolo.asp?id=110 In particolare su questo Esiste un problema di finanziamento di un sistema come quello della flex-security, che fra le altre cose prevede una rete generosa di sussidi per un periodo di tempo abbastanza lungo. Come possiamo permettercelo? Il finanziamento del sistema qui indicato assorbe circa il 4,5 % del PNL danese (in Italia alle stesse funzioni vanno circa l’1%). Il sistema esige un sistema fiscale trasparente, una pubblica amministrazione con una cultura di “servizio” e del bene comune, e una coesione culturale e sociale che è possibile in paesi con forte omogeneità etnico-nazionale come la Danimarca. Si tratta di “sistema” non di “mezzi”. L’Italia è un paese con regioni più ricche della stessa Danimarca e con un livello di ricchezza alto che tuttavia non riesce a tradursi in un sistema di benessere a causa delle scelte di sistema fatte. L’alibi della “crescita” e della “produttività” in Italia serve solo a rinviare decisioni e discussioni sul nodo dei problemi: cioè una società con sperequazioni sociali, di reddito e culturali intollerabili; una società della rendita e del “profitto” da speculazione a scapito dei gruppi sociali più deboli, una totale assenza di ricerca e elaborazione sul Bene Comune, cioè su un progetto di società solidale. Se queste particolarità” restano è evidente che ogni cambiamento è utopico e incompatibile. Modificato 4 Agosto 2006 da Brasileiro Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
pontiac Inviato: 4 Agosto 2006 Segnala Share Inviato: 4 Agosto 2006 tanto l'italia è destinata a fare la fine dell'argentina... Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Brasileiro Inviato: 4 Agosto 2006 Autore Segnala Share Inviato: 4 Agosto 2006 L'Italia è destinata ad un declino costante se tutti non si capisce che non ci sono ricette nè quelle ultraliberiste nè quelle "solidali" che funzionano se non c'è coscienza civile diffusa e praticata. Che ottime regole non fatte rispettare costano solo lo sforzo di definirle. Il problema in Italia è di poca coscienza civile, che si proietta dagli strati minori della società fino alla sfera della politica. ps: btw Pontiac, l'Argentina dopo la crisi del 2001 sta crescendo al ritmo dell' 8% - 9% l'anno, quindi cosi male non va....certo che i margini di crescita per una economia che ha sperimentato una shock cosi forte sono ovviamente grandi. Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
pontiac Inviato: 4 Agosto 2006 Segnala Share Inviato: 4 Agosto 2006 L'Italia è destinata ad un declino costante se tutti non si capisce che non ci sono ricette nè quelle ultraliberiste nè quelle "solidali" che funzionano se non c'è coscienza civile diffusa e praticata. Che ottime regole non fatte rispettare costano solo lo sforzo di definirle. Il problema in Italia è di poca coscienza civile, che si proietta dagli strati minori della società fino alla sfera della politica. ps: btw Pontiac, l'Argentina dopo la crisi del 2001 sta crescendo al ritmo dell' 8% - 9% l'anno, quindi cosi male non va....certo che i margini di crescita per una economia che ha sperimentato una shock cosi forte sono ovviamente grandi. <{POST_SNAPBACK}> non c'è la volontà nella nostra nazione specie da parte delle persone meridionali (e non datemi del leghista perchè per metà sono del sud)..... dopo una sorta di collasso del genere che h avuto l'argentina è fisiologico che sia in ripresa cosi' adesso... Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
clifford Inviato: 6 Agosto 2006 Segnala Share Inviato: 6 Agosto 2006 Il modello danese, come descritto, sembra favoloso. Il problema sarebbe tradurlo in Italia. Ti immagini, Brasi, qui da noi, il lavoratore viene licenziato, comincia a percepire l'indennità nella misura del 90% della precedente retribuzione. Un datore gli offre di lavorare in nero. Accetta. E percepisce, oltre alla indennità di disoccupazione anche la retribuzione per la prestazione in nero. E i Servizi Ispettivi del Lavoro presso il Ministero? Qui da noi sono totalemente inefficienti. Se chiedi l'intervento, per controllare un'azienda cha fa lavorare i dipendenti in nero, gli Ispettori del Lavoro intervengono dopo 13 mesi. Un tempo intillerabile. Allora, il modello danese sembra ottimo. Ma nel trdurlo, qui da noi, dobbiamo riformare e far funzionare meglio tutto il sistema "pubblico", a partire dai servizi dei ministeri! Comunque ottimo. Sarei anche d'accordo ad eliminare il vincolo della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo od oggettivo ai fini della legittimità del licenziamento! Ciao! Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
curvadong Inviato: 6 Agosto 2006 Segnala Share Inviato: 6 Agosto 2006 Intanto complimenti Braz per la sensibilità e lo spirito devoluti, ancora il 4 agosto, alla causa in oggetto. Il contributo è molto interessante fosse solo perchè sull'applicabilità del sistema danese pone questioni che nell'intenzione di chi di quel sistema in Italia si fa sostenitore dovrebbero dal medesimo essere risolte o quanto meno implementate verso uno sblocco..... ideologico. Mi riferisco al tempo rimarchevole da destinare per legge alla formazione non solo professionale, ma personale (maternità, studio, etc. etc. ) , e alla supplementazione di quel bug lavorativo ricorrendo a chi in quel momento si trovi disoccupato: Questo 'terzo aspetto' non considerato , secondo l'autore, dai fautori del sistema alla Giavazzi, introduce invece domande ancora propedeutiche a quelle che pone:ad esempio quale sindacato italiano accetterebbe oggi una flessibilità del corpo disoccupati di questo tipo????? tocca inoltre una questione di costi aziendali:quale livello di produttività ad oggi in italia potrebbe realisticamente contemplare questo esborso economico aziendale se non quello (fatto proprio col recupero delle inefficienze pubbliche e private ) che il sistema danese in blocco andrebbe a porre in essere nel medio periodo? si dimentica l'autore forse che chi auspica l'avvento di quel sistema in Italia non lo fa per suggerire il modo per ottimizzare ancora più e meglio condizioni sociali già accettabili e situazioni di finanza pubblica ampiamente sotto controllo, come di fatto in Danimarca, ma lo fa a fronte della situazione di inefficienza della cosa pubblica risultante dati alla mano e al conseguente debito delle finanze. I soldi recuperati così potrebbero tranquillamente essere spesi incrementando una spesa pubblica che attualmente è invece un filone morto e solo debitorio, e che non guarda al futuro nel senso degli investimenti sulla persona e sulle strutture. Ma non ci guarda perchè sostanzialmente adesso non può farlo!!!! E allora (è nato) deve nascere prima l'uovo o la gallina?Insomma da quale parte si inizia? infine...concordo in pieno sulla maggiore coscienza civile come cardine necessario all'accesso a determinati livelli di sistema paese. Ma ancora una volta ti chiedo:è questa la domanda delle domande?Oppure quella da farsi e che ti faccio è come raggiungere questa maggiore coscienza civile?Quale lo strumento che useresti nei panni del governante? Oppure tu pensi davvero che coscienza civile e leggi dello stato siano entità senza rapporto alcuno? Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Brasileiro Inviato: 7 Agosto 2006 Autore Segnala Share Inviato: 7 Agosto 2006 (modificato) Curva, il post è nato dopo una settimana di Macroeconomia a manetta (fa parte degli esami che devo dare per l''MBA) e conversazioni post corso con il Professore della medesima, (che ha la cattedra di Macroeconomia in una delle piu famose Università Inglesi) ultraliberista, friedmaniano che ti farebbe eccitare solo a sentirlo parlare. Essendo un tema interessante e complesso, lassami finire le 2 settimane di lezioni che sto facendo in Germania e poi interverrò. ciao caro, stamme bene B. Modificato 7 Agosto 2006 da Brasileiro Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Brasileiro Inviato: 10 Agosto 2006 Autore Segnala Share Inviato: 10 Agosto 2006 nel mentre Curva sentiti questo attaco al cuore della Fed (fai attenzione alle parole).... eh sì un tempo si sarebbe attaccato il cuore dello stato ma ognune vive il suo tempo e si barcamena come puo'... http://www0.gsb.columbia.edu/everybreath/ :D :D :D :D :D :D Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
curvadong Inviato: 11 Agosto 2006 Segnala Share Inviato: 11 Agosto 2006 cavolo...sembrava nulla più che una goliardata tra universitari...e invece.... http://www.ansa.it/main/notizie/rubriche/a...2934017112.html :mago: :mago: :mago: :mago: :mago: :lol: :lol: Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Brasileiro Inviato: 11 Agosto 2006 Autore Segnala Share Inviato: 11 Agosto 2006 gli studenti sono quelli della Columbia...una delle top 5 business school del mondo... Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Francesco 22 Inviato: 16 Agosto 2006 Segnala Share Inviato: 16 Agosto 2006 Si ma studiare economia oggi significa studiare il monopoli con tutte le sue regole. Io avevo pensato facendo una ricerca personale a un nuovo sistema economico basato sulla tobin tax,che metà del ricavo della tobin tax sarebbe dovuto servire per finanziare le popolazioni povere e l'altra metà per finanziare un grande rinnovamento della rete energetica mondiale.Questo sistema che vi sto spiengando in due parole è stato studiato da me per più di due anni con dati e cifre...purtroppo nessun politico e cosa peggiore nessun professore ha voluto mai prendere in considerazione questa mi idea. Nn era male come idea,infondo sono sicuro che sarebbe piaciuta a molte multinazionali(che dominano il mondo) ,per il fatto che il rinnovamento energetico avrebbe dato grandi risparmi energetici(circa il 40% ) e quindi la stessa tobin tax nn avrebbe rallentato i flussi di scambio come avrebbe potuto fare la tobin tax originale. Dopo il rinnovamento energenitco avrebbe portato energie pulite(per l'inquinamento) perche il costo alto delle energie rinnovabili nn sarebbe stato pesante per via del grande gettito(400 miliardi di dollari circa l'anno se ci fosse adesso) che da la tobin tax. Un'altra cosa positiva sarebbe stato lo sviluppo dei paesi poveri con la conseguenza positiva che si sarebbe potuto fermare la sovrappopolazione dei paesi stessi. Logicamente ci sarebbero da dire migliaia di cose ancora,soprattuto sulla riorganizzazione del commercio estero,pero spero che almeno la base dell'idea si capisca!! Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Brasileiro Inviato: 17 Agosto 2006 Autore Segnala Share Inviato: 17 Agosto 2006 la tua idea scartata in italia potrebbe essere presa in considerazione in USA...se ben argomentata e supportata.... Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Francesco 22 Inviato: 17 Agosto 2006 Segnala Share Inviato: 17 Agosto 2006 Ma qui nn è stata presa in considerazione,proprio nn è stata nemmeno letta!!! Cmq capisco benissimo che questa mia ricerca che ho fatto tempo fa è troppo ambiziosa,infatti con un colpo di spugna si vuole correggere un premio nobel e si vuol riscrivere una nuova forma di comunismo...forse anche per questo un prof. può avere atteggiamenti nn degni per la carica che ricopre. Cmq tornando alla ricerca avevo studiato anche il modo per accomodare le reazioni delle grandi 7 sorelle del petrolio,che con questo gioco ci perderebbero un sacco di soldi. Infatti avevo pensato che il rinnovamento delle reti energenitche doveva essere condotto da loro e che gli appalti per nuove ristrutturazioni future sarebbe stato affidato sempre a loro...logicamente loro nn avrebbero prodotto più risorse energetiche perche la produzione e le risorse energetiche sarebbero passate in esclusiva alle unioni continentali. L'unica cosa che devo ancora approfondire bene è il modo in cui si determina che uno stato ha bisogno di tot. finanziamenti per il suo sviluppo.Ci vorrebbero dei parametri che determinano la salute attuale del paese e la saluta futura cosi prevenendo prima i mali e sprecando anche meno soldi. I sistemi usati oggi nei paesi occidentali per me fanno ridere,nn contano il valore umano di una persona e contano solo i soldi che può spendere e che spende Voi avete qualche idea per determinare seriamente se uno stato ha bisogno di finanziamenti o no?? Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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