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La rivista Science è stata già famosa in passato per aver pubblicato nel 1992 una lettera del virologo Polacco Hilary Koprowski dove smentiva che ci fosse un legame tra i suoi esperimenti e la comparsa dei primi casi di HIV.

 

La teoria riguarda una sperimentazione condotta alla fine degli anni ’50, su un numero indeterminato di persone nella repubblica democratica del Congo.

In un laboratorio improvvisato del posto, Hilary Koprowski,

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che naturalemente smentisce questa tesi, avrebbe utilizzato cellule di rene di scimpanzé infettate con il SIV (virus della immunodeficienza delle scimmie), virus imparentato con il tristemente famoso HIV. Il dottor Koprowski cominciò la sua carriera lavorando per una delle più importanti aziende farmaceutiche del mondo, impegnato nella messa a punto di un nuovo vaccino anti-polio che potesse competere sul mercato con quelli di Salk e Sabin. Per coltivare in modo efficace il suo vaccino. Koprowski cominciò ad utilizzare colture di cellule renali dis scimmia.

Nel 1951 annunciava fiero ad una platea di colleghi di aver somministrato il suo vaccino, nel latte al cioccolato, ad un gruppo di bambini con deficit mentali, ospiti di un istituto newyorkese.

Quando ebbero inizio i trial per testare il vaccino Salk, Koprowski dovette cercarsi un’altra nazione nella quale sperimentare il suo vaccino; per breve tempo si trattò dell’Irlanda, ma dovette demordere quando si accorse che il suo vaccino tornava a virulentarsi. Abbandonò allora il suo posto presso l’azienda farmaceutica, annunciando al contempo che avrebbe continuato ad occuparsi del nuovo vaccino.

 

Durante un corso organizzato in Kenya nel 1955, Koprowski incontra Paul Osterrieth, il direttore belga di un laboratorio a Kinsangani (Congo Belga); gli propone un programma di esperimenti con il suo vaccino.

L’idea era di sperimentarlo sugli scimpanzé, ma poi si decise di somministrarlo anche agli addetti agli animali. Da questo, alla proposta di una vaccinazione di massa il passo fu breve.

E così centinaia di migliaia di abitanti del Centro Africa = Congo belga, del Ruanda e del Burundi furono vaccinati; 320.000 di loro erano bambini e neonati.

In un articolo pubblicato sul British Medical Journal del 1958, l’americano e il belga pubblicarono una mappa dettagliata delle zone dove era stato somministrato il vaccino.

Trent’anni più tardi qualcuno fece notare che la mappa corrispondeva perfettamente alle aree a maggior prevalenza di infezione da HIV nell’Africa Equatoriale; infezione che secondo un altro studio, sarebbe stata contratta nell’infanzia.

Contrari a questa tesi altri studiosi, secondo i quali invece l’HIV sarebbe comparso nell’uomo, già intorno agli anni ’30 e in seguito sarebbe evoluto, differenziandosi in diversi sottotipi; nel ’59 sarebbe già stato differenziato.

Durante un meeting, tenutosi l’anno scorso alla Royal Society di Londra, è stata nuovamente confutata la cosiddetta ipotesi di Hamilton; l’analisi di alcuni campioni del vaccino CHAT, non avrebbe infatti rivelato alcuna traccia del virus, né tracce di DNA dello scimpanzé.

Tutto chiarito allora, verrebbe da pensare. Neanche per idea; secondo Hopper infatti l’analisi è stata condotta su campioni di CHAT prodotti negli USA, mentre localmente, in Africa, in quel preciso periodo; è in quelle partite che andrebbe quindi ricercata la presenza del virus.

Peccato che la documentazione ufficiale riguardante le attività del laboratorio di Kinsangani, Congo sia scomparsa nel nulla.

Gli ex assistenti africani di Paul Osterrieth, il belga direttore del laboratorio, affermano però di aver visto preparare quel vaccino; ciò succedeva ogni volta che le autorità sanitarie ne richiedevano una partita. E’ probabile dunque che la verità non verrà mai a galla, o almeno non sarà mai dimostrata con certezza.

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