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Fitch E Standard & Poor's Declassano L'italia


Gurg

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Fitch e Standard & Poor's declassano l'Italia

 

Io comincio a trovare irritante questo scarica barile che ogni cosa e’ colpa dell’altro. A inizio legislatura la lotta all’evasione da i primi frutti, il governo sostiene sia merito del senso di responsabilita’ che comunica (dopo 15 giorni gia’ se ne vedevano i frutti...?) e la destra reclama invece il lavoro dei 5 anni precedenti...

 

Ora Fitch e Standard & Poor's declassano l'Italia, il Governo scarica la responsabilita’ sul precedente governo e la destra sostiene invece che e’ una prova di inettitudine del governo (ma Fitch non erano degli imbecilli un paio di anni fa per la destra?)

 

Che carini che sono, proprio un matrimonio litigarello...

Modificato da Gurg
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Esatto, nè più nè meno.Penosi da destra perchè le bugie non si dicono e soprattutto non le sanno dire, inaccettabili da sinistra perchè il giudizio delle agenzie è sulla finanziaria, non malgrado la finanziaria.

Quelle stesse agenzie che venivano da una parte idolatrate e dall'altra deprezzate solo 5 mesi fa, adesso sono quelle che agirebbero con jet-lag e quindi in modo dovuto, sull'eredità del precedente governo.Nulla di più falso.

 

 

Questa finanziaria è oggetto di critiche da parte di tutta la pletora di addetti al settore di matrice progressista da Boeri a Penati, da Salvati a Di Vico, da Spaventa a Bordignon.Lo stesso Draghi ha espresso a chiare lettere le sue .Le agenzie intervengono testualmente sulla finanziaria ove "mancano misure strutturali" e chi è sotto il fuoco tira in ballo la precedente gestione.

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Esatto, nè più nè meno.Penosi da destra perchè le bugie non si dicono e soprattutto non le sanno dire, inaccettabili da sinistra perchè il giudizio delle agenzie è sulla finanziaria, non malgrado la finanziaria.

Quelle stesse agenzie che venivano da una parte idolatrate e dall'altra deprezzate solo 5 mesi fa, adesso sono quelle che agirebbero con jet-lag e quindi in modo dovuto, sull'eredità del precedente governo.Nulla di più falso.

Questa finanziaria è oggetto di critiche da parte di tutta la pletora di addetti al settore di matrice progressista da Boeri a Penati, da Salvati a Di Vico, da Spaventa a Bordignon.Lo stesso Draghi ha espresso a chiare lettere le sue .Le agenzie intervengono testualmente sulla finanziaria ove "mancano misure strutturali" e chi è sotto il fuoco tira in ballo la precedente gestione.

 

piccola specificazione, per come la vedo io e dalle opinioni varie lette a spasso sulla rete, il giudizio negativo di Fitch viene da due fattori congiunti:

1) gestione dissennata precedente (altrimenti una sola finanziaria non potrebbe creare tanto rumore)

2) incapacita’ di agire ora a livello radicale su accumuli di sprechi, accumuli generati in anni e anni.

 

Sostanzialmente, si aspettavano un fracasso e la finanziaria e’ stato un sussulto (parlo a livello strutturale, tagli vari)

 

quello che infatti io trovo disgustoso non e' il fatto che nessuno si assuma le proprie responsabilita' (francamente irrealizzabile in politica) ma che tutti si affrettino a cercare qualcuno a cui darle. Berlusconi dice che prodi deve andarsene (ma quando non lo dice??? Date un’occhiata se all’estero la frequenza con cui l’opposizione chiede le dimissioni del primo ministro e’ cosi’ alta come in italia...), Prodi e Padoa-Schioppa dice che le agenzie si muovono in ritardo (ma allora a che cavolo servono??? E perche’ sono cosi’ rispettate se si muovono con 8 mesi di ritardo???).

 

Nessuno che prenda questa notizia come un primo passo verso la ricostruzione, tutti a fare il gioco dello scarica barile. Alla fine e' un segnale da intendere come spinta! Il commento piu’ costruttivo che ho sentito e’ stato quello di Padoa-Schioppa, “dovevamo essere rigorosi” che ammette che non c’e’ stato lo strappo che tutti si attendevano... e se questo e’ il commento piu’ costruttivo...

Modificato da Gurg
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concordo... è un gioco a scambiarsi parti e responsabilità che ormai imperversa e fa giurisprudenza, ma insomma i giudizi sono chiari, le griglie con cui le agenzie emettono le loro previsioni basano su parametri precisi e non si può 'interpretare' quel giudizio, che pure non è un teorema insindacabile.Il giudizio viene emesso non sul debito pregresso, pocihè sul medesimo le agenzie si sono esprese a maggio a fine legislatura precedente, ma sul fatto che quello stesso debito non appare strutturalmente inciso dalla manovra.

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concordo... è un gioco a scambiarsi parti e responsabilità che ormai imperversa e fa giurisprudenza, ma insomma i giudizi sono chiari, le griglie con cui le agenzie emettono le loro previsioni basano su parametri precisi e non si può 'interpretare' quel giudizio, che pure non è un teorema insindacabile.Il giudizio viene emesso non sul debito pregresso, pocihè sul medesimo le agenzie si sono esprese a maggio a fine legislatura precedente, ma sul fatto che quello stesso debito non appare strutturalmente inciso dalla manovra.

 

si si, il giudizio sono espressi i base a parametri, ma i parametri in macroeconomia sono largamente interpretabili, Tremonti e Padoa-Schioppa fanno storia. Il debito di ottobre non e' maggiore di quello di maggio quando eravamo una categoria sopra, il giudizio che danno oggi e' proprio sul fatto che attendevano provvedimenti piu' coraggiosi data la situazione disastrosa di prima (quindi ci sono responsabilita' di dissennatezza prima e scarsa risoluzione adesso)

 

sto leggendo di tremonti che sul corriere sostiene dice che bastano 15 miliardi per ripianare... (???) ma chi era il Ministro dell'Economia fino a ieri??? non discuto le cifre, discuto proprio la faccia tosta...

Se uno va a vedere che cosa è necessario per mettere a posto i conti sono 15 miliardi di euro. Tutto il resto è fatto per fare politica» ha spiegato poi l'ex ministro dell'Economia.
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esatto, il debito a maggio non è superiore a quello di ottobre per cui le agenzie emettono un provvedimento declassatorio proprio e soltanto in virtù del profilo della manovra.Il Tremonti dice che con 15 miliardi si ripiana il debito ed è un fatto,lo dicono e lo sanno tutti, quella è la cifra sufficiente per andare nei parametri ue, il resto è politica nel senso che è opinabile redistribuzione, e il resto sono altri 30 miliardi!!!

 

tu l'altro giorno parlavi giustamente in tono denigratorio dei condoni che proprio il Tremonti fece, ma un condono sui contributi previdenziali è previsto in questa stessa manovra!!!! e riguarda anche chi ha allo stato attuale cause giudiziarie vertenti sul mancato pagamento dei medesimi contributi.

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esatto, il debito a maggio non è superiore a quello di ottobre per cui le agenzie emettono un provvedimento declassatorio proprio e soltanto in virtù del profilo della manovra.Il Tremonti dice che con 15 miliardi si ripiana il debito ed è un fatto,lo dicono e lo sanno tutti, quella è la cifra sufficiente per andare nei parametri ue, il resto è politica nel senso che è opinabile redistribuzione, e il resto sono altri 30 miliardi!!!

 

tu l'altro giorno parlavi giustamente in tono denigratorio dei condoni che proprio il Tremonti fece, ma un condono sui contributi previdenziali è previsto in questa stessa manovra!!!! e riguarda anche chi ha allo stato attuale cause giudiziarie vertenti sul mancato pagamento dei medesimi contributi.

 

 

di quello che dice Tremonti mi lascia MOLTO perplesso non la cifra ma la tempistivita'.. il paese a crescita zero e l'uscita dai parametri UE poi improvvisamente torna tremonti a dire che lo sa lui come si fa...

 

i condoni, applicati in italia sono il modo migliore per fare sentire in idiota quelli che le tasse le pagane e rinvigorire il buon vecchio pregiudizio che se sei furbo le tasse non le paghi. Non ho visto il condono sui contributi previdenziali, aspetto che mi documento... hai qualche link?

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http://www.radicali.it/view.php?id=74080

 

Declassata la politica delle tasse

 

• da Il Sole 24 Ore del 25 ottobre 2006

 

di Roberto Perotti

 

Nel caso di aziende private le agenzie di rating hanno una funzione non facilmente sostituibile: non tutti gli investitori hanno le risorse per spulciare e interpretare i bilanci e i report di Sony o Chrysler e per captare i rumors che le riguardano. Ma nel caso di un Paese come l'Italia, giornalmente vivisezionato da decine di commentatori, non c'è alcuna informazione utilizzata dalle agenzie di rating che una persona di media cultura economica non possa ottenere e interpretare da sola. Non c'è niente nel commento ufficiale di Standard & Poor's al downgrading che non sia stato detto decine di volte sui quotidiani e alla televisione italiani: i problemi strutturali irrisolti, la bassa crescita della produttività, l'alto debito pubblico. Non ci sono equazioni e algoritmi arcani, ma solo numeri disponibili a tutti e interpretazioni personali di umanissimi country desk economist. Quale è dunque il "valore aggiunto" del downgrading?

 

 

 

Con Basilea 2 il rating di un titolo può avere effetti su come esso viene trattato nel bilancio di un investitore e quindi può influenzarne le scelte di allocazioni di portafoglio. Ma siamo ancora lontani da livelli di rating che comportino questo tipo di rischi. Il rating del debito potrebbe anche fungere da catalizzatore delle miriadi di agenti operanti su un mercato. Il mercato del debito pubblico è soggetto al rischio degli equilibri multipli. Finché tutti gli operatori sono convinti che gli altri operatori hanno fiducia in un titolo, continueranno a detenerlo in portafoglio. Ma se per qualche motivo ci si convince che gli altri operatori hanno perso fiducia in un titolo, tutti lo venderanno, anche in assenza di dati negativi: nessuno vuole rimanere con il cerino acceso in mano. In teoria, il downgrading potrebbe essere la causa scatenante per passare dal primo al secondo equilibrio. Ma, realisticamente, questo problema sussiste solo in situazioni scabrose, quando c'è per esempio qualche rischio di insolvenza; anche qui, non è il caso italiano nell'immediato futuro.

 

 

 

In un Paese come l'Italia attuale, il downgrading del debito è quindi essenzialmente un evento mediatico. Ma questo non significa che, come sostiene il Governo, esso sia soltanto una conseguenza ritardata delle politiche della precedente maggioranza:

 

dopottutto, con la nuova Finanziaria il disavanzo scenderà (forse) sotto il 3% del Pil e il rapporto debito/Pil verrà (forse) stabilizzato. Ma questa posizione cela una profonda incomprensione del funzionamento dei mercati finanziari e una pericolosa noncuranza dei possibili effetti macroeconomici delle politiche di bilancio.

La riduzione del disavanzo (pur necessaria) di per sé non significa molto: per il Patto di stabilità conta solo il quanto, ma per tutti gli altri conta anche il come. Per ridurre un disavanzo si possono tagliare le spese o aumentare le tasse. Parecchi studi empirici hanno mostrato che solo nel primo caso il disavanzo si riduce in modo duraturo; nel secondo, che è il caso italiano attuale, i disavanzi presto riemergono, perché più tasse oggi significano più risorse disponibili domani per la spesa pubblica.

 

Ma c'è di più: non solo la spesa pubblica non è stata tagliata, essa è addirittura aumentata, di almeno un punto percentuale del Pil. Questo aumento, oltre a non avere nessuna giustificazione economica in un Paese che ha già uno dei più alti livelli di spesa pubblica del mondo, contiene un pessimo messaggio per il futuro. Per molti aspetti, ciò che conta per valutare una politica di bilancio è il flusso totale delle spese annuali future: questo ci dice quale sia il flusso delle entrate future che dovranno essere ottenute per finanziare le spese. La Finanziaria ha dunque detto chiaramente che non solo le tasse future non scenderanno, ma addirittura probabilmente aumenteranno, perché il Governo non è in grado di controllare le sue componenti più giacobine, che vivono in una beata ignoranza dell'economie di mercato. Difficile pretendere che i mercati finanziari, e molti cittadini, apprezzino.

 

 

 

Questo è anche il motivo per cui la stabilizzazione del debito non ha impressionato più di tanto i mercati finanziari."Stabilizzare il debito" può essere un'espressione utile nell'xxxxx politica, ma come ha illustrato il desk economist di Standard&Poor's, Moritz Kraemer, sul Sole 24 Ore del 19ottobre, quando il rapporto debito/Pil è di quasi il 110% i mercati e molti cittadini vogliono vedere un segnale deciso di cambiamento di direzione: mezzo punto percentuale in più o in meno non hanno alcun significato macroeconomico. Data la storia recente della nostra politica economica, su questo fronte nessun segnale è un pessimo segnale.

 

Il Governo attuale è statopunito per lo scostamento tra le aspettative che aveva generato e la realtà che ha realizzato.

 

Per la prima volta nella storia della Repubblica, il Governo Berlusconi aveva avuto 5 anni (e una coalizione abbastanza coesa)per intervenire sui conti pubblici; alla fine, ha fatto un pò di condoni e ha aumentato la spesa corrente del 2% del Pil. Non era difficile fare meglio; finora, questo Governo è riuscito nella difficile impresa di non riuscirci.

 

http://www.radicali.it/view.php?id=74090

 

 

Un atto di coraggio

 

• da Corriere della Sera del 25 ottobre 2006, pag. 1

 

di Michele Salvati

 

Il giudizio sulla legge Finanziaria sta consolidandosi, dopo le prime difficoltà di lettura. Degli obiettivi che la legge si era prefissa, quello di un riequilibrio dei conti pubblici è avviato a soluzione, per quanto era possibile fare su base annuale. L’obiettivo di ridistribuzione del reddito a favore dei ceti più disagiati è sostanzialmente affidato ad una riforma dell’Irpef inutilmente complessa e poco efficace nei confronti dei veri poveri.

 

 

 

E quello di promuovere lo sviluppo è fatto più di ombre che di luci: si stanziano fondi per gli investimenti pubblici (le casse erano vuote), nell’insieme si riducono le imposte per le imprese (che farebbero bene a smettere di lagnarsi), ma certo non si può dire che il trasferimento all’Inps di una parte dei fondi per il Tfr favorisca lo sviluppo. Come non lo favorisce il disegno complessivo di una manovra che «lascia sostanzialmente invariate nel 2007 le spese correnti rispetto agli andamenti tendenziali» (parole di Draghi, nella sua recente audizione alle commissioni Bilancio); di conseguenza «la correzione, in termini netti, è affidata interamente ad aumenti delle entrate».

 

 

 

I riformisti del centrosinistra si sono resi conto, un po’ in ritardo, che il senso che intendevano attribuire alla manovra — e che ancora aleggiava sul Documento di programmazione del giugno scorso e soprattutto sul decreto Bersani prima degli ammorbidimenti—rischia di andare perduto: Fassino e Rutelli richiamano che dei tre obiettivi il più importante è quello dello sviluppo, che il risanamento fiscale è solo un prerequisito indispensabile, che senza crescita non può esserci ridistribuzione efficace. Altri politici sono molto più precisi nei loro suggerimenti: l’intervista di Nicola Rossi sul Corriere di ieri è esemplare per chiarezza e coraggio.

 

 

 

E’ ancora in tempo, il governo, a correggere un’immagine che rischia di danneggiarlo politicamente? L’immagine di un governo incapace di affrontare le riforme strutturali necessarie, condizionato dalla sinistra radicale e dal sindacato? Forse sì. La parte più facile del compito consiste in un’opera di ripulitura della Finanziaria da norme incongruenti con lo sviluppo e di sottolineatura delle apprezzabili iniziative di riforma che finiranno nei collegati alla Finanziaria: servizi pubblici locali ed energia. La parte difficile consiste nel dare un’idea chiara su quale sarà la posizione del governo nelle trattative che si svolgeranno col sindacato su pensioni e pubblico impiego.

 

 

 

Sulle pensioni, condivide il governo le misure proposte ieri da Nicola Rossi? Si presenterà ai sindacati con una lista precisa dei lavori usuranti, quelli che consentono di andare in pensione in tempi più brevi? Se non lo fa, e farlo è in suo potere, è inutile insistere per un allungamento dell’età pensionabile: tutti sosterranno di svolgere lavori usuranti. Ancora più difficile la trattativa sul pubblico impiego, dove i sindacati minacciano scioperi se i 3,2 miliardi stanziati dalla Finanziaria non gli vengono concessi già all’inizio del 2007, senza alcuna contropartita di riforme.

 

 

 

Quali sono, invece, le riforme che pretende il governo? Non sarebbe il caso di scriverle in un atto ufficiale? Possiamo anche aspettare l’inizio dell’anno prossimo per il rito italico della concertazione. Ma per cambiare giudizio politico su questa Finanziaria e questo governo abbiamo bisogno, ora, di un atto di coraggio: almeno un documento che precisi gli obiettivi che il governo «concertante » intende perseguire.

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Insomma mancano le famose riforme strutturali capaci di ridurre la spesa pubblica;vidi domenica sera "Report",si parlava di "Progetto italia",un ente che aveva il compito di attirare capitali esteri per la nostra economia ed invece è un organizzazione che eroga del denaro pubblico solo a "particolari fortunati":figli di funzionari,parenti ed amici vari. Siamo innunpaese blindato;da una parte ,in nome del liberismo,si tende a tenere saldo ed a rafforzare il prorio potere economico(schiacciando poi le piccole imprese),dall altra una sinistra miope che si ostina a tassare tutto quanto, per poi riversare denaro in tanti inutili progetti come appunto"Progetto italia".Se non si fanno dei tagli ci si ritrova sempre allo stesso punto.

Che siano tagli giusti dunque,senza andare a toccare necessariament ela scuola o la sanità,a mio modestissimo parere :34:

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  • 1 month later...

http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10...&from=index

 

per inciso...da sempre io linko critiche a sinistra fatte da chi ,come in questo caso Boeri e il sito Lavoce.info, si colloca su posizioni di progressismo riformista.Facile sarebbe ma altrettanto insensato e fazioso citare scritti apparsi su giornali schierati dall'altra parte o nei quali cmq si potessero ravvisare interessi nello screditare l'azione di governo che andassero al di là di un esame il più obbiettivo possibile dei fatti.

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ancora un articolo esemplare a mio avviso per obbiettività e completezza...leggi Gù.......http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubr...e=&sezione=

 

Il partito del giù le tasse

 

 

 

 

 

TITO BOERI

 

Erano in tanti sabato a sfilare per le vie di Roma contro le tasse. Di Prodi, ma non solo: le proteste fiscali a cavallo fra due legislature non chiamano mai in causa un solo governo. Come Tremonti e Visco si contendono il merito del boom delle entrate, dunque dell’incremento della pressione fiscale, nel 2006, così la rivolta contro le tasse non può che scaturire anche dalle leggi di bilancio della passata legislatura.

 

Le Finanziarie tra il 2002 e il 2005 ci hanno lasciato in eredità una crescita di due punti, dal 42 al 44 per cento, del rapporto fra spesa pubblica primaria e prodotto interno lordo. Il governo Berlusconi, in quegli anni solidamente al potere, ha obbligato tutti gli italiani, inconsapevolmente, a firmare una cambiale esigibile dal primo governo fiscalmente responsabile.

 

A differenza del suo predecessore, chi oggi siede al tavolo di Quintino Sella è abituato a onorare i debiti e, a parte l’operazione Tfr, evita di ricorrere a una tantum creative. Ma la Finanziaria 2007 non si limita a coprire i pagamenti lasciati in sospeso dal governo precedente. Fa lievitare la spesa pubblica e la pressione fiscale ben oltre quanto sarebbe necessario per riportare il disavanzo in linea con gli impegni presi a livello europeo. Questo significa che la spesa rischia ora di assestarsi a livelli più alti in modo permanente, secondo un consolidato meccanismo di tax push per cui le spese si adeguano rapidamente alle maggiori entrate. Sarà ancora più difficile, dopo questa Finanziaria, invertire la rotta.

 

 

Sostiene Jean-Claude Juncker, forse il più longevo uomo politico pan-europeo, che «i politici sanno bene cosa devono fare, ma il problema è che non sanno come farsi rieleggere una volta che hanno fatto queste cose». Se si rilegge il primo Documento di Programmazione Economica del governo Prodi e poi si guardano le cifre della Finanziaria viene da dargli ragione. Il Dpef è consapevole del fatto che l’unico modo per risanare i conti pubblici risiede nell’abbassare il rapporto fra spesa pubblica e pil. Identifica le aree cruciali per interventi di contenimento della spesa. Ma la Finanziaria razzola male, anzi malissimo. Dopo il primo passaggio in Aula, non solo non riduce le spese, ma addirittura le aumenta e non di poco (fino a 6,5 miliardi secondo i calcoli riportati su www.lavoce.info) rispetto a quanto sarebbe accaduto in assenza della manovra e in rapporto al prodotto interno lordo, al netto del ciclo economico. E nuove spese si stanno aggiungendo in questi giorni. Il tratto di mare fra il sapere cosa occorre fare e il metterlo in pratica è ampio e profondo come nella frase del primo ministro lussemburghese. Dobbiamo perciò rassegnarci ad altri cinque anni con più spesa pubblica e più tasse? Forse no. Ci sono due fatti che ci fanno, timidamente, sperare che Juncker abbia torto. Il primo è che ci sono, in verità, molti politici che «non sanno cosa devono fare». I Dpef della passata legislatura ne sono l’esempio. Applicano la strategia degli annunci. «Vendono» imminenti quanto consistenti sgravi Irpef alle famiglie, tagli all’Irap pagata dalle imprese e annunciano una lunga serie di misure non ancora definite nei loro contenuti e poi spesso inattuate. È una consapevole strategia dell’illusione. Viene perciò legittimo chiedersi se Berlusconi, quando era alla guida del governo, sapesse davvero «cosa bisognava fare». E dato che dal palco di Roma non si è udita una sola parola di autocritica sulla gestione dei conti pubblici nella passata legislatura, l’interrogativo rimane attuale. Questa è una discontinuità importante rispetto alla legislatura appena iniziata. Non basterebbe a farci sperare in qualcosa di meglio, se non ci fosse anche un secondo motivo per ritenere che il veterano Juncker abbia torto.

 

Il secondo fatto è la veemente reazione dell’opinione pubblica a una Finanziaria che fa aumentare la spesa e le tasse. In genere le ribellioni avvengono quando si tagliano le spese, soprattutto quando si intaccano gli interessi presidiati dal sindacato. Questa volta il sindacato è stato addirittura favorevole alla manovra, tranne che alla vigilia dell’accordo sul pubblico impiego. C’è stata, invece, la protesta, neanche troppo silenziosa, dell'elettore mediano, di cui è espressione anche la manifestazione di Roma. Le avvisaglie peraltro si erano già viste nelle ultime settimane di campagna elettorale, dove il centro-sinistra aveva perso quasi interamente il vantaggio nei confronti del centro-destra perché credibilmente descritto come «partito delle tasse».

 

Come rivelano i sondaggi d’opinione, è aumentata in Italia la percentuale di chi preferisce avere meno tasse e meno trasferimenti piuttosto che uno Stato che chiede di più offrendo di più al contribuente.

 

Tutto questo fa pensare che il clima sia cambiato nel Paese e che il gioco del rinvio ai posteri di decisioni difficili non possa continuare all'infinito. Se Prodi e il centro-sinistra vogliono continuare a governare, se ambiscono a farlo per almeno due legislature, il tempo minimo per completare le riforme strutturali necessarie a far ripartire il Paese, devono davvero mettersi a fare, e al più presto, le cose che sanno di dover fare. Forse lo hanno capito. Perché la scelta di privatizzare Alitalia, bloccando il drenaggio di denaro pubblico e lasciando al mercato la decisione sulle alleanze, segna un importante cambiamento di rotta. Speriamo che non riguardi solo il volo.

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