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TOKYO E ARTICOLO DR.SSA TOSTI


Dr.Careca

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Ottima notizia!

E tanto per fare il "polemico a vita" ricordo a tutti che purtroppo sono ancora assai sconosciuti i meccanismi che fanno da ponte tra DHT e atrofizzazione della papilla (malgrado gli studi degli esimi professori del SITRI) ma questa è la strada da percorrere!

Per cui spero che a breve vengano identificate tutte le vie bio-chimiche che portano alla miniaturizzazione del bulbo e alla sua caduta. Lì è il vero punto vincente di una eventuale cura anti-calvizie!

Ciao.

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Ciao Careca

 

Innanzitutto bentornato. Avrei alcune domande riguardo all'articolo in questione.

 

1) Che cos'è il TGF (trasforming growth factor) ß1 ?

2) Che cosa si intende per papilla dermica ?

3) Nell'articolo si parla di una molecola derivata dalle foglie dell'Hydrangea macrophylla, un tipo di ortensia. Che cosa significa esattamente ? E' possibile che anche un estratto naturale delle foglie di questa pianta, possa essere efficace per diminuire la produzione di questo TGF oppure è solo la molecola derivata che ha queste proprietà ?

 

Grazie.

Ciao.

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Ciao Careca son contento di risentirti.

Sicuramente l'articolo e' interessante.

Sicuramente lo avrai gia' letto comunque:

THIRD INTERCONTINENTAL MEETING OF HAIR RESEARCH SOCIETIES 27

007

Suppression of TGF-ß prevents apoptosis induction in the catagen hair follicle

Y. Tsuji

1

, T. Soma

1,2

, L. Raftery

2

, and T. Hibino

1

.

1

Shiseido Life Science Research Center, Yokohama and

2

MGH/Harvard Cutaneous Biology Research Center, Charlestown, MA, USA

Hair loss is the result of premature entry into catagen by various causes. In male pattern baldness, we

have hypothesized the involvement of “catagen cascade”, in which a TGF-ß family member promotes

caspase activation, resulting in the apoptosis of epithelial cells. In the previous study, we showed that TGF-

2 was localized at the boundary area between germinative cells and DPC during the transition phase from

late anagen to catagen. In the epithelial strand TGF-ß 2 was detected in the regressing hair follicle.

TUNEL-positive apoptotic cells and active caspase–3 and –9 were also observed in the area. In this study,

we examined the role of TGF-ß 2 in relation to apoptosis. Human hair follicles were cultured in the

presence of TGF-ß 2. Using active caspase-9 and –3 specific antibodies, we found that TGF-ß 2 enhances

the activation of these caspases in two regions, including the lower part of germinative matrix cells and

outer most layer of outer root sheath cells. Dual staining for active caspase-9 and TUNEL demonstrated

that active caspase-9 and TUNEL-staining mostly co-localized. Active caspase-3 positive cells were

detected in the same region. We evaluated 400 plant extracts for activity in a TGF- b suppression assay. An

extract from Hydrangea macrophylla strongly inhibited TGF-ß induction in this assay and also promoted

hair elongation in a hair follicle organ culture system. We tested the effect of the extract in vivo by applying

it onto C57BL6 mouse for 10 days and scored the catagen stage of each hair follicle morphologically.

Topical application of the extract remarkably delayed the progression of catagen. We isolated an active

substance from the extract using a TGF-ß suppression assay. This substance showed a strong potential for

hair elongation and also reduced caspase activation in cultured follicles. Collectively our results suggest

that TGF-ß 2 can enhance the induction of catagen via activation of caspases and that the suppressor of

TGF-ß could be effective for the prevention of male pattern baldness. We are presently investigating the

role of TGF-ß family members and their signal pathways in the endogenous mouse hair cycle.

 

 

Androgen-inducible TGF-beta1 Derived from Dermal Papilla Cells Mediates Hair

Growth Suppression in Androgenetic Alopecia

Shigeki Inui, Yoko Fukuzato, Takeshi Nakajima, Kunihiko Yoshikawa, Satoshi Itami

Department of Dermatology, Osaka University Medical School

Although androgen plays the central role in androgenetic alopecia (AGA), the pathomechanism is

unsettled at the present because of the absence of suitable in vitro model system. It has been reported that

androgen inhibits the proliferation of outer root sheath cells cocultured with dermal papilla cells (DPCs)

from the frontal bald scalp of stump tailed macaques, a model animal for human AGA, while this was not

the case in human DPCs. In this study, we attempted establishing a coculture model of human bald DPCs

and keratinocytes to identify the pathogenic mediators for the inhibition of epithelial cell growth in AGA.

Since we found that the expression of mRNA of androgen receptor (AR) decreased during subcultivation of

DPCs in vitro, we transiently transfected the AR expression vector into bald DPCs by lipofection and

cocultured them with keratinocytes. In this coculture system, androgen suppressed the growth of

keratinocytes by 50%, indicating that exogenous overexpression of AR can restore the phenotype of bald

DPCs. The androgen-induced inhibition of keratinocyte proliferation was antagonized by the addition of

cyproterone acetate (CA), a potent antiandrogen, to the coculture of keratinocytes and bald DPCs,

suggesting the specific role of AR in DPCs for the growth inhibition of cocultured keratinocytes. We

further examined the change of expression level of mRNA of various factors in bald DPCs cocultured with

keratinocytes after androgen treatment by semiquantitative RT-PCR and found that TGF-ß1 was increased

by androgen in bald DPCs. Moreover, the neutralizing anti-TGF-ß1 antibody antagonized the inhibition of

keratinocyte proliferation in this co-culture system in a dose dependent manner. From these data obtained

using our novel powerful coculture model for AGA, we suggest that androgen-inducible TGF-ß1 derived

from DPCs mediates hair growth suppression in AGA.

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Ciao Alvaro.

Rispondo in breve ai tuoi quesiti:

1)Il tgf beta 1 è una molecola complessa che agirebbe come mediatore biochimico nel ciclo di crescita del capello.

2)La papilla è la zona del bulbo pilifero da dove si origina il nuovo stelo capillare.

3)Dovrebbe essere solo la molecola derivata o una sua parziale trasformazione ad avere le proprietà descritte (ma non sono molto chiari nell'articolo)!

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" Caro " Malmsteem, penso sia meglio da parte tua uscire e rientrare nel sito di Salusmaster con un altro Nick Name!!!

E' un consiglio spassionato, ormai mi sa che hai perso la faccia, ed anche la stima di parecchi partecipanti al forum!!!!

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Ciao "Caro" Zanna grazie per il consiglio malo gia' diverse volte...

Comunque vedo che siete tutti molto ironici...

Io ho solo scherzato con Careca e si capiva benissimo..Se adesso non si puo' fare neanche una battuta..

Comunque grazie per la stima..

Cambiero' nuovamente nick se come le altre volte mi si impedira' di fare il login..

Cordiali saluti

Il Vostro chitarrista preferito

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Che stavi scherzando credo lo abbiano capito in pochi, forse i cinque che ti hanno votato.

Per quanto mi riguarda prendo atto delle tue scuse a Careca, il quale valuterà se considerarti ancora un interlocutore del forum o meno. Voglio solo farti notare che la tua frase irritante "Bravo Careca, taci per sempre!" rischiava di peggiorare la situazione già tesa che, in quel momento, si era creata.

Insomma, alla fine eri tu quello che faceva meglio a tacere, spero l'hai capita.

Per concludere: non cambiare nick, non sevirebbe a nulla. Resta te stesso.

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Be..se sei il nostro chitarrista preferito..starebbe a noi dirlo..ke ne pensi? Be ma è inutile far casino..

 

..la tua mezzapunta preferita e ambidestra

M@rco

10®

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Bravo Geronimo.Forse quei 5 che mi hanno votato(ma chi sono sti' pazzi)hanno capito che qui' siamo su un forum dove si parla fortunatamente di problemi "minori"e che quindi è pure lecito fare qualche battuta o a volte essere un po' polemico.

Io nuovamente sottolineo che non voglio creare malcontento o disordine tra i partecipanti del forum ma ricordiamoci SEMPRE che stiamo pur sempre parlando di capelli...

 

 

La mezzapunta ha queste iniziali A. d. P

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  • 4 weeks later...

FISIOPATOLOGIA ENDOCRINO-METABOLICA

DEL CAPELLO E DEL PELO

 

INTRODUZIONE

 

La patogenesi della calvizie è in larga parte ancora sconosciuta ma leggendo la letteratura e sulla base delle moderne conoscenze di endocrinologia e metabolismo possiamo costruire un modello che, senza la pretesa di essere né certo né definitivo, può rendere ragione di quanto quotidianamente osserviamo nella pratica clinica e può guidare nelle scelte terapeutiche. Questo modello, volutamente semplificato, viene presentato in queste pagine.

 

 

La vita del capello è controllata attraverso tre vie.

steroidea, glicidico-metabolica, autocrino-paracrina.

 

Gli ormoni steroidi-androgeni permettono il realizzarsi del messaggio genetico, permettono cioè che il genotipo “calvo”, diventi fenotipo. Questo controllo steroideo si attua essenzialmente attraverso il metabolismo del testosterone con una serie di eventi a catena: la 5 alfa riduzione, la formazione del diidrotestosterone, la captazione di quest’ultimo (DHT) da parte di uno specifico recettore proteico citosolico con trasporto attivo nel nucleo del tricocheratinocita (il cheratinocita della matrice del pelo), la coniugazione del DHT con la cromatina nucleare e la successiva derepressione di uno o più geni portatori del messaggio ereditario, a cui segue la formazione di mRNA che porta l’informazione ai ribosomi dove avviene la sintesi proteica che realizza il messaggio genetico.

 

Ma per le sintesi proteiche necessarie per la costruzione del pelo e per la riproduzione cellulare del tricocheratinocita occorre energia. Questa energia è fornita da glucosio attraverso una via metabolica che controlla anch’ essa la vita del capello. Il controllo metabolico si attua tramite l’attivazione dell’ adenilciclasi di membrana cellulare, la formazione di AMP ciclico (cAMP), l’attivazione della glicolisi e del ciclo di Krebs.

 

Le mitosi delle cellule della matrice sono sotto il controllo autocrino-paracrino tonico di un fattore di crescita, Hair Grow Factor, che esse stesse producono e di un calone inibitorio, prodotto dalle cellule della papilla dermica, presumibilmente il Trasforming Grow Factor beta. Dal “dialogo” fra questi due fattori dipende lo sviluppo del capello da pelo vellus ed il suo mantenersi come pelo terminale. Nel caso del prevalere parziale del calone inibitorio sul fattore di crescita si avrà ad ogni ciclo pilare un capello sempre meno profondo, sempre più sottile e ad anagen sempre più breve: in definitiva, sempre più vellus.

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CONTROLLO STEROIDEO

 

Il nodo centrale del controllo steroideo sul pelo e sul capello è il metabolismo intracellulare del testosterone.

Il testosterone, il più importante ormone androgeno nell’uomo, è secreto dai testicoli e solo in quantità insignificante dalle ghiandole surrenali.

Nella donna il principale androgeno circolante nel plasma è invece l’androstenedione, seguito dal deidroepiandrosterone, dall’androstenediolo ed infine testosterone: tutti di origine surrenalica ed ovarica. Anche nella donna comunque l’androstenedione, l’androstenediolo, il deidroepiandrosterone possono venir metabolizzati a testosterone a livello degli organi bersaglio. Gli androgeni circolano nel plasma in massima parte legati a proteine: l’androstenedione, l’androstenediolo ed il deidroepiandrosterone sono legati debolmente e reversibilmente all’albumina; l’androgeno più potente, il testosterone, circola invece nel plasma legato per il 99% circa ad una betaglobulina specifica: Sex Hormone Binding Globulin (SHBG). Solo la quota libera degli androgeni è metabolicamente attiva e pertanto può penetrare “passivamente” e reversibilmente nel comparto intracellulare delle cellule bersaglio dove tutti possono venire metabolizzati a testosterone, che a sua volta per poter agire deve essere trasformato in diidrotestosterone dall’azione di un enzima: la 5 alfa reduttasi. Il vero androgeno attivo a livello della matrice del pelo e del capello (ed anche a livello di altri organi bersaglio come la prostata) è quindi il diidrotestosterone che permette la crescita dei peli sessuali sul viso, sul petto, sul dorso e sulle spalle, mentre crea le condizioni per la caduta dei capelli. Il diidrotestosterone intracellulare si lega quindi ad una specifica proteina recettrice (recettore citosolico) ed il complesso diidrotestosterone+recettore è capace di penetrare “attivamente” nel nucleo della cellula dove si unisce alla cromatina, a livello di specifici recettori, e dereprime uno o più geni portatori del carattere “calvo” come del carattere “peloso”. I geni derepressi inducono la formazione di RNA messaggero che, uscito dal nucleo, a livello ribosomiale, non consente la sintesi delle proteine costituenti il capello mentre permette la produzione delle proteine costituenti i peli sessuali maschili. Si realizza così il messaggio genetico (il concetto è espresso più chiaramente e diffusamente nelle pagine che seguono).

 

 

 

E’ evidente che variazioni della frazione di testosterone libero, conseguenza delle variazioni della proteina legante (SHBG), comportano variazioni analoghe della quantità intracellulare del metabolita attivo: il diidrotestosterone. La SHBG aumenta in rapporto all’aumento (fisiologico, patologico o iatrogeno) degli estrogeni e degli ormoni tiroidei con conseguente diminuzione della frazione libera, attiva e metabolizzabile, del testosterone. La SHBG diminuisce in caso di aumento degli androgeni plasmatici, fisiologico (pubertà, età 18-26 anni etc.) o iatrogeno (somministrazione di anabolizzanti etc.). Ancora l’aumento dell’attività intracitoplasmatica della 5 alfa reduttasi e degli enzimi che metabolizzano gli altri androgeni a testosterone può essere causa di una più intensa attività androgena periferica.

In passato si era ipotizzato che l’ipofisi regolasse l’attività della 5 alfa reduttasi e della 17 beta idrossisteroidodeidrogenasi attraverso un “ormone sebotropo” (Ebling F.J.) , oggi si pensa che questo ipotetico ormone sia il somatotropo e/o la prolattina; basti pensare all’acne terribile dei xxxxx altissimi (acne da giocatore di pallacanestro) e al defluvio ed alla seborrea delle donne amenorroiche ed iperprolattinemiche ed al defluvio delle balie.

 

La trasformazione del pelo lanuginoso in pelo terminale all’epoca della pubertà è attribuibile ad un aumento degli androgeni circolanti ed al metabolismo del diidrotestosterone a livello dei follicoli piliferi. Purtroppo in molti giovani oltre a questa trasformazione fisiologica potranno verificarsi anche effetti indesiderabili come, ad esempio, acne, irsutismo, seborrea, defluvio androgenetico.

Nella cute di giovani acneici è stata riscontrata una concentrazione di diidrotestosterone sino a 20 volte superiore a quella rilevabile in soggetti sani della stessa età. L’attività 5 alfa reduttasica del cuoio capelluto affetto da defluvio androgenetico è più elevata di quella del cuoio capelluto normale (Bingham e Shaw) e nelle radici dei capelli della regione frontale dei soggetti calvi l’attività 5 alfa reduttasica è risultata aumentata rispetto a quella di soggetti di controllo con capelli integri.

Come indice della attività della 5 alfa reduttasi può essere preso il tasso del 5 alfa-androstan-3alfa-17beta-diolo (3 alfa Ad ), primo metabolita del diidrotestosterone, ed in particolare del 3alfa-diolo-glicuronide (3 alfa AdG) sia circolante che urinario. Il 3 alfa AdG proviene dal metabolismo del diidrotestosterone nella misura del 50% nell’uomo e del 100% nella donna.*

La disponibilità di nicotinamideadenildinucleotidefosfatoridotto (NADPH) controlla e condiziona la 5 alfa riduzione e quindi la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone. Il diidrotestosterone vedremo che inibisce la attività della adenilciclasi (Adachi K.) e quindi la disponibilità di AMP ciclico (cAMP) ed, in ultima analisi, l’utilizzo del glucosio e la disponibilità di energia per le sintesi proteiche del tricocheratinocita. Queste due sostanze, il NADPH ed il diidrotestosterone, rappresentano i due principali punti di interferenza fra controllo steroideo e controllo metabolico della vita del capello e del pelo.

 

Da quanto detto fino ad ora appare verosimile attribuire la calvizie, nell’uomo come nella donna, all’ interazione fra ormoni androgeni, una predisposizione genetica, una regolazione ipofisaria.

Ricordiamo inoltre che l’ipofisi è regolata dall’ ipotalamo tramite ormoni specifici (releasing hormones) e che quest’ ultimo è in stretti contatti con la sostanza reticolare, il sistema limbico, la corteccia cerebrale; è quindi comprensibile come anche alterazioni neuro-caratteriali (ed anche lo stress) possano alterare questo delicato meccanismo (pensiamo, ad esempio, alla alopecia neurologica dei malati di mente).

 

* Abbiamo motivo di ritenere che, come l’ormone attivo a livello del follicolo pilifero è il diidrotestosterone, l’ormone attivo a livello della ghiandola sebacea sia l’androstandiolo (3 alfa Ad).

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CONTROLLO METABOLICO

 

Il controllo metabolico della vita del capello (e del pelo) si attua attraverso il metabolismo del glucosio.

La prima tappa che porta all’utilizzo del glucosio da parte del follicolo pilifero, cioè alla produzione di energia per le sintesi proteiche del tricocheratinocita, passa attraverso l’attivazione della adenilciclasi di membrana da parte di una tropina ormonale. Non sappiamo con certezza quale sia questa tropina, né se si tratti di una sola sostanza o di molte, ipotizziamo comunque che sia in causa un fattore di crescita della famiglia dell’EGF, prodotto dai cheratinociti stessi della matrice che, attraverso di questo, “dialogano” con le cellule della papilla dermica (HrGF). Pensiamo inoltre che l’adenilciclasi di membrana del tricocheratinocita possa essere attivata da svariate sostanze ormonali, proteiche e steroidee, ed in particolare rivolgiamo l’attenzione alle catecolamine (effetto beta) al somatotropo, alla tiroxina, all’istamina, all’estrone, al cortisone (anche se si tratta di un meccanismo d’azione insolito per gli ormoni steroidi). Ognuna di queste sostanze pare sia in grado di attivare a dosi sovrafisiologiche (ma non necessariamente farmacologiche) l’adenilciclasi del tricocheratinocita, forse anche attivando la produzione di HrGF.

 

Per le catecolamine ipotizziamo chepossano svolgere un ruolo primario nel controllo metabolico della vita del capello. Questi ormoni agiscono mediante il controllo dell’adenilciclasi del cheratinocita con stimolo ed incremento dell’cAMP (adenosina monofosfato ciclico) quando prevale l’effetto beta, inibizione e decremento quando prevale l’effetto alfa.

Forse l’effetto beta1 delle catecolamine è fra gli induttori fisiologici più importanti della crescita del capello (e del pelo).

Inoltre il ricco plesso nervoso simpatico di cui è dotato il follicolo pilifero e che avviluppa la matrice e la papilla del pelo, sembra inutile per la vita del pelo stesso perché capelli espiantati e quindi denervati continuano a crescere più o meno alla stessa velocità e con lo stesso diametro, nonostante la denervazione e nonostante lo shock chirurgico ed ipossico, tanto da permettere i così detti “trapianti ad isole”. Questo plesso potrebbe aver funzione di “controllo negativo”. Le fibre nervose simpatiche producono noradrenalina, mediatore simpatico della trasmissione nervosa, che è la più potente catecolamina ad effetto alfa.

 

Pensiamo che il somatotropo non attivi l’adenilciclasi a livello della matrice e della papilla del pelo e del capello, più verosimilmente agisce tramite il fattore di crescita HrGF il quale poi attiva la proteina-chinasi, forse anche senza intervento della adenilciclasi.

Comunque sia i soggetti con deficit somatotropinico hanno capelli radi e peluria rara o assente. La secrezione fisiologica del somatotropo è considerata responsabile del graduale aumento di diametro del fusto dei peli degli arti e dei capelli che si verifica durante la crescita, dalla nascita alla pubertà, ed anche nell’età adulta (Williams).

 

Gli ormoni tiroidei, ed in particolare la tiroxina, sembrano avere importanza particolarmente nelle prime fasi dell’anagen; la carenza di tiroxina nell’ipotiroidismo fa sì che i capelli siano ruvidi, secchi, fragili e cadano in telogen in modo talvolta imponente (telogen effluvium ipotiroideo).

 

Anche il progesterone è probabilmente importante per iniziare la fase anagen (Williams).

 

 

Fra gli attivatori della adenilciclasi del capello sicura importanza fisiologica ha l’estrone.

Durante il catagen i follicoli piliferi metabolizzano attivamente l’estradiolo (non attivo sulla adenilciclasi del capello) in estrone, con aumento delle concentrazioni di cAMP dei cheratinociti della zona protuberante fino a dare il via ad una attiva moltiplicazione cellulare e ad una nuova fase anagen. I follicoli in anagen trasformano invece il testosterone in diidrotestosterone, con inibizione della adenilciclasi fino alla fase telogen.

Le donne che hanno, rispetto agli uomini, livelli molto più alti di estrogeni hanno anche i capelli con anagen di durata assai più lunga.

Questo modello spiega l’effluvio post parto, come dovuto a caduta improvvisa del tasso estrogenico nel sangue e conseguente caduta dei tassi di cAMP nel citosol del tricocheratinocita.

L’estradiolo benzoato è stato proposto anche come terapia del defluvio androgenetico in soluzione alcolica allo 0,005% per gli uomini, ed allo 0,15% per le donne, ma occorre tenere presente i possibili effetti dovuti al sicuro assorbimento percutaneo dell’ormone. In tal senso molto più fisiologico, probabilmente assai più efficace e certamente più sicuro appare l’uso dell’estrone solfato.

 

La cute umana trasforma attivamente il cortisolo in cortisone (idrocortisolo) che ha attività antinfiammatoria meno spiccata ma che sembra avere azione permissiva sulla attivazione della adenilciclasi del cheratinocita. L’effetto curativo dei corticosteroidi infiltrati localmente in una chiazza di alopecia areata può essere attribuito, in parte, anche a questa capacità.

 

Anche l’istamina è un attivatore della adenilciclasi che potrebbe giocare un ruolo fisiologico nella regolazione della crescita di peli e capelli. Dell’istamina ricordiamo che è un mediatore della trasmissione nervosa, anche se con funzioni fisiologiche non del tutto chiarite. Ricordiamo anche che essa causa un aumento della permeabilità vasale associata a costrizione delle venule post capillari e conseguente vasodilatazione (eritema passivo). Ricordiamo che la medicina popolare ha da sempre usato l’ortica come rimedio dei defluvi e delle alopecie.

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I recettori di membrana sono estremamente dinamici e l’attività recettoriale è regolata da diversi meccanismi.

Controllo del numero dei recettori: in presenza di elevate concentrazioni della tropina ormonale il numero dei recettori di membrana si riduce, mentre aumenta a basse concentrazioni Il complesso ormone-recettore, una volta formatosi, viene “internalizzato” con diminuzione del numero dei recettori disponibili sulla membrana. In presenza di elevate quantità di ormone, la risposta biologica tende a ridursi nel tempo. Questo meccanismo di regolazione è stato dimostrato per il recettore beta-adrenergico.

Controllo della affinità dei recettori per la tropina ormonale: quando un recettore si lega all’ormone l’affinità dei recettori adiacenti per lo stesso ormone diminuisce. Questo meccanismo di regolazione è stato dimostrato per l’insulina.

Controllo dell’accoppiamento del recettore col sistema di trasduzione: quando l’adenilciclasi è attivata ed i livelli di cAMP sono elevati, l’affinità per l’ormone diminuisce, l’inibizione sembra legata ad ioni Ca++ liberati nel citosol dai mitocondri sotto l’influenza dell’cAMP.

 

A livello del tricocheratinocita quando è avvenuto l’accoppiamento del recettore con la tropina ormonale, l’attivazione dell’enzima adenilciclasi sembra avvenga mediante l’interazione di una prostaglandina E2.

Questo spiega perché gli antiinfiammatori non steroidei, specie i più potenti inibitori della sintesi delle prostaglandine (salicilati, indometacina, butazolidina etc.) sono tutti ritenuti cause possibili di effluvio in telogen ed alopecia secondaria non cicatriziale.

Dopo l’attivazione della adenilciclasi, l’cAMP viene sintetizzato a partire da adenosina trifosfato (ATP). Questa reazione di sintesi di cAMP necessita di Mg++ (o di Mn++), la cui disponibilità nel citosol condiziona e limita la reazione catalitica stessa.

 

Si conoscono numerose molecole capaci di inibire l’adenilciclasi. Alcune di queste sostanze sono ormoni, altre sono composti chimici non ormonali.

Fra le sostanze ormonali inibitori della adenilciclasi due presentano un particolare interesse nella patologia tricologica: le catecolamine ad effetto dominante alfa adrenergico ed il diidrotestosterone.

Non sappiamo se questi ormoni inibiscano direttamente l’enzima adenilciclasi, se competano con la tropina ormonale fisiologica nella coniugazione con il recettore di membrana, se inibiscano la produzione di HrGH o se abbiano altre modalità di azione.

 

Un ipotesi che ci sembra interessante ed attendibile per le catecolamine è che queste agiscano legandosi al recettore di membrana della guanilciclasi catalizzando la formazione di guanosin-3’,5 monofosfato ciclico (cGMP) che libera ioni Ca++ nel citosol dai mitocondri, con inibizione della adenilciclasi. E’ possibile che gli effetti delle catecolamine sulla attività della adenilciclasi siano mediati dalle modificazioni delle concentrazioni locali del calcio o di altri ioni. Si è pensato che l’cAMP ed il cGMP funzionino in correlazione inversa (ipotesi Yin-Yang).

L’effetto di inibizione sulla adenilciclasi delle catecolamine rende ragione degli effluvi da stress. Si tratterà di effluvi in anagen, in anagen distrofico o in telogen (alopecia areata o telogen effuvio) a seconda della intensità del fattore stressante e quindi della violenza del “colpo d’ariete” delle catecolamine sul recettore ormonale (vedi anche in EFFLUVIO E DEFLUVIO: Considerazioni di fisiopatologia pilare).

Uno stress forte, improvviso, di breve durata, potrà provocare un effluvio in anagen (con l’aspetto clinico della alopecia areata incognita o a chiazze); uno stress più blando ma di lunga durata o cronico provocherà un effluvio in telogen (un telogen effluvio di Kligman o un telogen effluvio cronico). Naturalmente il sistema di trasduzione tenderà a difendere se stesso riducendo il numero dei recettori per le catecolamine (desensibilizzazione recettoriale per riduzione del numero dei recettori) fino alla risoluzione spontanea del quadro clinico, anche senza che sia finita la causa che lo ha provocato, ma non sempre questo sistema di controllo sarà sufficiente.

Vogliamo sottolineare come l’alopecia areata sia ben spiegata come secondaria al “colpo d’ariete” da catecolamine sul sistema di trasduzione dell’adenilciclasi. Le tipiche alterazioni istologiche possono tutte essere interpretate come secondarie al blocco delle mitosi, per carenza di cAMP, con degenerazione acuta della matrice del pelo. L’infiltrato infiammatorio costituito oltre che da linfociti anche da istiociti e mastociti che si addensano intorno ai vasi della papilla ed intorno a ciò che resta del follicolo pilifero non è di per sé prova di malattia autoimmune.

 

Il 5 alfa diidrotestosterone è in grado di inibire l’attività della adenilciclasi del capello (Adachi K. e Kano M.) probabilmente inibendo la produzione di HrGF. Il diidrotestosterone è il metabolita attivo periferico più conosciuto del testosterone. Si pensava, fino a non molti anni fa, che fosse prodotto solo alla periferia per l’attività della 5 alfa reduttasi degli organi bersaglio, ma è stato dimostrato abbondantissimo anche nella vena spermatica, a dimostrazione di una importante attività 5 alfa reduttasica testicolare.

 

I follicoli piliferi delle zone di alopecia androgenetica, a differenza di quelli delle zone pelose, producono notevole quantità di diidrotestosterone che, se non prontamente metabolizzato, si accumula con inibizione del sistema di trasduzione adenilciclasi-cAMP e conseguente riduzione di tutte le attività enzimatiche che da questo dipendono, in particolare si avrebbe una limitazione delle attività delle proteinechinasi, una riduzione della glicogenolisi e della glicolisi e quindi dell’energia per le sintesi proteiche necessarie alla crescita dei capelli. Anche per tale motivo nelle aree di calvizie i capelli non riusciranno a crescere come peli terminali ma solo come fine lanugine che si rinnova senza allungarsi con cicli piliferi ad anagen di durata sempre più breve.

 

Fra i farmaci ritenuti responsabili di alopecia molti sono inibitori della adenilciclasi del capello.

Fra i più importanti ricordiamo ancora gli inibitori delle prostaglandine, che ostacolano la formazione della PGE2 mediatrice fra recettore ed enzima; gli oppioidi che causano alopecia di frequente riscontro nei tossicodipendenti; l’acido nicotinico molto usato in passato per il “benefico rossore”; forse anche l’eparina, i cumarinici, il clofibrato ed i destrani possiedono questa capacità e comunque provocano alopecia iatrogena (telogen effluvio), reversibile.

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La seconda tappa che porta all’utilizzo del glucosio da parte del follicolo pilifero inizia con la trasformazione dell’adenosina trifosfato (ATP) in adenosina monofosfato ciclico (cAMP). La reazione è, come abbiamo visto, catalizzata dall’enzima adenilciclasi attivato ed avviene in presenza di Mg++, la cui disponibilità è fattore limitante per lo svolgersi della reazione stessa. Ovviamente anche la disponibilità di ATP è un altro fattore limitante della sintesi di cAMP. Ormai sappiamo che l’cAMP interviene nel controllo della moltiplicazione cellulare delle cellule della matrice del capello, e quindi nella crescita del capello stesso. Il meccanismo fondamentale con cui l’cAMP agisce sulle cellule dei mammiferi è ben documentato e consiste nella attivazione di una proteina-chinasi.

 

La proteina-chinasi è costituita di una subunità regolatrice ® e di una subunità catalitica ©. Unite queste subunità non sono attive. L’cAMP si lega alla subunità R e libera la subunità C in forma attiva. La subunità C “attiva” è in grado di dare il via a tutta una serie di reazioni (e controregolazioni) a cascata che permettono (o limitano) il metabolismo energetico del tricocheratinocita.

 

L’incremento della sintesi di esochinasi avviene probabilmente con bassi livelli di cAMP e bassi livelli di proteina-chinasi attivata ©. L’esochinasi trasforma, nel citosol, il glucosio in glucosio 6-fosfato, con consumo di ATP, e da così il via alla glicolisi anaerobia. Il glucosio 6-fosfato stesso ha la capacità di rallentare l’attività esochinasica controregolandola. Ad opera della glicolisi si formano 2 moli di ATP per ogni mole di glucosio trasformata in acido piruvico.

 

 

 

Verosimilmente a livelli più alti di proteina-chinasi attivata avviene la glicogenolisi del glicogeno immagazzinato come riserva nel citosol del tricocheratinocita, con ulteriore incremento della glicolisi. Non si conoscono con certezza le tappe metaboliche che portano alla glicogenolisi a livello del follicolo pilifero, ma in analogia a quanto avviene nel fegato, si può pensare che la proteina-chinasi attivata, attivi a sua volta una fosfo-fosforilasichinasi, in presenza di Ca++ ed ATP, e che quest’ultima attivi una fosforilasi che scinde il glicogeno a glucosio 1-fosfato, una fosfoglicomutasi forma quindi glucosio 6-fosfato, che entra nella glicolisi. Siamo di fronte a reazioni catalitiche a cascata che tendono ad autoincrementarsi per produzione e quindi aumento di disponibilità di ATP. Le altre attività della proteina-chinasi attiva © tenderanno ad una controregolazione.

 

La prima funzione a controregolazione della proteina-chinasi che prendiamo in considerazione è l’inibizione della fosfofruttochinasi (PFK). La fosfofruttochinasi è un enzima chiave della glicolisi, Mg++ dipendente, permette la trasformazione del fruttosio 6-fosfato in fruttosio 1,6-difosfato con consumo di ATP. La fosfofruttochinasi è anche inibita da alte concentrazioni di ATP che quindi rappresenta sia il substrato donatore di energia di fosfato, sia un modulatore, cosiddetto allosterico. Ad alte concentrazioni di ATP, infatti, l’enzima è inibito e tale regolazione permette di collegare la velocità della glicolisi alle necessità energetiche della cellula. L’inibizione della PFK da parte della proteina-chinasi attiva risponde alla stessa esigenza e devia la glicolisi verso lo shunt degli esosomonofosfati, attraverso cui si formano pentosi utilizzati nella sintesi di acido nucleico e nicotinamideadenildinucleotidefosfatoridotto (NADPH). Il NADPH è il coenzima la cui disponibilità controlla la 5 alfa reduttasi con trasformazione del testosterone in diidrotestosterone, che se non viene metabolizzato via via che si forma, si accumula con inibizione della adenilciclasi. L’inibizione della PFK da parte della proteina-chinasi avviene certamente a livelli di chinasi attivata più alti di quelli necessari ad incrementare la sintesi di esochinasi e necessari ad attivare la glicogenolisi. Livelli così alti di cAMP possono portare il capello in prematura fase telogen, e bassi livelli provocano la fase telogen per mancanza dell’energia necessaria alle sintesi proteiche.

 

 

 

 

La seconda importante funzione a controregolazione della proteina-chinasi attiva © è l’inibizione della sintesi delle proteine a livello ribosomiale, cioè a livello della trascrizione dell’mRNA. L’inibizione delle sintesi proteiche è di per sé sufficiente a spiegare come alti livelli di cAMP interferiscano col ciclo cellulare nelle fasi G1, S, G2, con rallentamento delle mitosi della matrice. Non possiamo comunque escludere anche un effetto inibitorio diretto sulla replicazione cellulare ma l’inibizione, da un lato, della sintesi delle proteine che compongono i sistemi tubulo-fibrillari che guidano il fuso mitotico e, dall’altro, delle proteine necessarie per la sintesi di nuovi cromosomi ci sembra sufficiente a spiegare il rallentamento delle mitosi. Ancora vediamo come alti livelli di cAMP possano esitare in un prematuro telogen del capello, ma d’altra parte è chiaro che se lo stesso cAMP è insufficiente il capello va in telogen per mancanza di energia. Queste considerazioni possono in parte spiegare le molte contraddizioni che troviamo in letteratura.

In altre parole l’cAMP intracitoplasmatico del tricocheratinocita non deve essere né troppo né troppo poco, potendo variare entro margini forse non molto ampi.

Siamo comunque del parere che nella “calvizie comune” (defluvio in telogen maschile o defluvio “androgenetico”) il capello cada prematuramente in telogen ed abbia anagen brevi per carenza di cAMP, cioè per carenza di energia per le sintesi proteiche.

 

 

 

 

Il catabolismo dell’cAMP prodottosi dopo l’attivazione dell’adenilciclasi è opera di un enzima, fosfodiesterasi, che demolisce il nucleotide ciclico a 5-AMP (nucleoside 5-monofosfato).

Non si può escludere che l’cAMP possa essere metabolizzato anche attraverso altre vie che non implicano l’intervento della fosfodiesterasi, ma questa è l’unica dimostrata e documentata.

Si conoscono alcune sostanze in grado di inibire la fosfodiesterasi, fra queste le più attive sembrano essere le metilxantine, in particolare caffeina e teofillina. Molto attiva nell’inibire la fosfodiesterasi risulta essere anche la papaverina

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La terza tappa dell’utilizzo del glucosio da parte del follicolo pilifero comincia ovviamente dalla glicolisi.

Nel follicolo in anagen l’utilizzo del glucosio è aumentato del 200% rispetto al follicolo in telogen. Parallelamente anche la glicolisi risulta incrementata del 200%; l’attività del ciclo degli esosofosfati dell’ 800%, il metabolismo glucidico attraverso altre vie del 150%.

Il cambiamento metabolico più importante nel passaggio dalla fase telogen alla fase anagen sembra consistere nella attivazione dello shunt degli esosofosfati che produce grandi quantità di NADPH, essenziale per la sintesi dei grassi e degli steroidi ed in particolare per la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone. Inoltre i pentosi che si formano lungo questa via rappresentano le “pietre angolari” per la costruzione dei nucleotidi. Inoltre la quantità di ATP che si forma alla fine del processo metabolico lungo la catena respiratoria dipende anche dalla quantità di NADPH convertita in NADH e poi ossidata.

 

Per glicolisi si intende la demolizione del glucosio ad acqua e CO2.

 

Esula dallo scopo di questa monografia spiegare dettagliatamente i passaggi metabolici della degradazione del glucosio e del metabolismo intermedio, dobbiamo solo soffermarci su pochi punti essenziali, che oltre tutto volutamente esemplifichiamo a costo di essere inesatti, rimandando per maggiori dettagli ai trattati di fisiologia medica.

 

Il catabolismo del glucosio segue due vie, una attraverso la scissione in triosi, detta via di Embden-Meyerhof, l’altra attraverso la sua ossidazione e decarbossilazione a pentosi, ed è lo shunt degli esosomonofosfati.

Il metabolismo del glucosio attraverso la via di Embden-Meyerhof fino ad acido piruvico si svolge nel citosol cellulare e produce modeste quantità di energia: 3 moli di ATP per mole di glucosio se si parte da glicogeno, solo 2 se si parte da glucosio. Produce però anche 2 idrogenioni (H+) che verranno trasformati in 6 moli di ATP nella catena respiratoria mitocondriale anaerobica. Questi due idrogenioni si formano al passaggio metabolico della fosfogliceraldeide ad acido fosfoglicerico con trasformazione di NAD a NADH. Ricordiamo che per ogni mole di glucosio si formano 2 moli di fosfogliceraldeide.

Non soltanto si formano 6 moli di ATP nella catena respiratoria mitocondriale per l’ossidazione di NADH, ma anche la similare ossidazione delle due moli di NADH che si formano nella trasformazione di acido piruvico in acetil-Co A produce 6 moli di ATP.

 

 

 

La trasformazione dell’acido piruvico in acetil-Co A alimenta il ciclo di Krebs all’interno dei mitocondri, che produce 2H+ x 4, cioè 8H+ ad ogni giro per mole iniziale di glucosio, i quali poi, lungo la catena respiratoria, produrranno 12 x 2, cioè 24 moli di ATP.

Pertanto la produzione netta di ATP per mole di glucosio metabolizzato lungo la via di Embden-Meyerhof ed il ciclo di Krebs è di 38 moli (2+6+6+24 = 38).

La catena respiratoria mitocondriale è costituita da una serie di reazioni a cascata che trasferiscono idrogeno all’ossigeno; ciascun enzima della cascata viene ridotto e poi riossidato, mentre l’ossigeno scende lungo la cascata stessa. Questo è associato alla formazione di ATP da ADP. Tutto il processo dipende da un adeguato apporto di ADP e quindi tanto più rapidamente viene utilizzato l’ATP nei tessuti tanto più grande è la disponibilità di ADP e conseguentemente tanto più rapida decorre la catena respiratoria, o fosforilazione ossidativa.

 

 

 

Lo shunt degli esosomonofosfati è la più importante alternativa metabolica alla glicolisi anaerobica.

Per il capello esso sembra costituire una via di assoluta importanza poiché nel passaggio dalla fase telogen alla fase anagen risulta incrementato dell’ 800%.

Attraverso lo shunt degli esosomonofosfati si formano i pentosi per la sintesi di acidi nucleici e pertanto il capello non può crescere, poiché la cellula non può riprodursi, se non è attivata questa via metabolica. Attraverso questo shunt si forma il NADPH che la cellula utilizza nel corso delle sequenze biosintetiche riduttive.

 

 

 

Quando però l’attività della proteina-chinasi ed il conseguente blocco della fosfofruttochinasi è tale da deviare gran parte della glicolisi lungo lo shunt esosomonofosfatico, la grande quantità di NADPH prodotta porta ad un tale incremento della 5 alfa riduzione che il diidrotestosterone supera le capacità di metabolizzazione e si accumula con inibizione dell’adenilciclasi, con freno della produzione di cAMP, con freno della glicolisi e con riduzione della produzione di energia, fino a provocare il telogen del capello. A questo punto il follicolo comincia a metabolizzare attivamente testosterone in androstenedione, androstenedione ed estradiolo in estrone fino a attivare ancora l’adenilciclasi e la produzione di energia per il nuovo anagen.

Così il ciclo vitale del capello periodicamente si chiude e si riapre.

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CONTROLLO AUTOCRINO-PARACRINO

 

Le mitosi delle cellule della matrice sono sotto il controllo tonico di un fattore di crescita che esse stesse producono, Hair Grow Factor, e di un calone inibitorio, prodotto dalle cellule della papilla dermica, individuabile nel Trasforming Grow Factor beta. Il “dialogo” fra questi due fattori modula la durata dell’anagen, e determina la dimensione del pelo e la sua profondità nel derma.

Nel feto, intorno al quarto mese di vita gestazionale, in punti geneticamente prefissati, alcune cellule epidermiche proliferano e si approfondiscono nel derma spinte dall’attività promitotica dell’Hair Growth Factor (HrGF), prodotto dai cheratinociti stessi. Queste cellule si approfondiscono fino al derma papillare, finché vengono come froteggiate da una papilla dermica che ne inibisce la proliferazione e la discesa con un messaggio inibitorio paracrino, presumibilmente con il calone Transforming Growth Factor beta (TGF beta). Questo evento si ripete poi quasi uguale durante tutta la vita estrauterina, ad ogni ciclo pilare, al momento del catagen. Dopo la nascita i peli lanugo vengono via via rimpiazzati da peli terminali, e veri capelli, che diventano col tempo sempre più lunghi e più grossi, compaiono sul cuoio capelluto. A questa evoluzione contribuisce sicuramente l’azione del somatotropo, forse attraverso il suo tipico mediatore il fattore di crescita IGF1 (somatomedina C), o più verosimilmente attraverso la mediazione dell’Hair Growth Factor.

Durante tutta la vita estrauterina, quando il pelo arriva alla fase catagen, la matrice, comunemente intesa, degenera e la papilla rimane connessa al bulbo solo mediante una colonna vuota di cellule epiteliali; in seguito questa colonna risale fino ad entrare fisicamente in contatto con le cellule germinative della zona protuberante (bulge) e in qualche modo ne attiva la produzione di HrGF. Le gellule staminali del bulge, con un processo molto simile a quello della formazione embriologica del pelo primitivo, migrano di nuovo verso il basso ricolonizzando la zona della matrice e, ripreso contatto con la papilla dermica, che ne inibisce la molteplicazione e lo sconfinamento nel derma profondo mediante l’azione del TGF beta, poi inizia il nuovo anagen. La produzione di HrGF da parte delle cellule del bulge è verosimilmente attivata dall’estrone abbondantemente prodotto dal metabolismo del follicolo dalla fine dell’anagen. Nel caso del prevalere parziale del calone inibitorio sul fattore di crescita si avrà ad ogni ciclo pilare un capello sempre meno profondo, sempre più sottile, ad anagen sempre più breve: in definitiva, sempre più vellus.

Per quanto riguarda la struttura dell’HrGF possiamo pensare che, in analogia con la struttura dell’insulina, sia un polipeptide di circa 50 - 52 aminoacidi. Formato da due catene l’una di 20 - 22 e l’altra di circa 30 aminoacidi unite da due ponti disolfuro. Il peso molecolare totale dovrebbe aggirarsi intorno ai 6000 dalton. Le singole unità si assemblerebbero fra loro a formare dimeri di forma cilindrica in una struttura tridimensionale romboedica con al centro due atomi di zinco circondati da tre coppie di HrGF. Questa struttura, veicolata all’albumina, verrebbe trasportata nel sangue. Solo Il monomero sarebbe biologicamente attivo.

 

 

 

 

L’ HrGF è prodotto dal feto al 4°- 6° mese e da cellule tumorali programmate in senso endocrino e di probabile origine neuroectodermica, vedi sistema APUD (Amine precursor Uptake and Decarboxylation).

E’ presumibile che possa essere reperito nel liquido amniotico e nel siero di pazienti affetti da ipertricosi lanuginosa acquisita.

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l controllo del ciclo del capello (sintesi)

 

Mentre la moltiplicazione delle cellule della matrice del capello e la sintesi di cheratina, sono tonicamente sotto il controllo e l’interazione di due fattori di crescita, uno stimolante (HrGF) ed uno inibente (TGF beta), il ciclo anagen-catagen-telogen è controllato dagli steroidi sessuali e dal metabolismo del glucosio.

 

Gli ormoni steroidi, androgeni ed estrogeni, determinano la durata dell’anagen e la differenziazione in peli terminali o vellus. Permettono cioè che il genotipo diventi fenotipo. Dopo la pubertà ai maschi crescono la barba, i peli sul torace e sul dorso e, contemporaneamente, cominciano a cadere i capelli (Hamilton J.). Nelle donne l’ipertricosi è un sintomo importante di molte endocrinopatie associate ad iperproduzione di androgeni.

I differenti effetti degli androgeni sui vari gruppi piliferi umani, nelle diverse sedi, portano all’ipotesi che esistano differenze nella trascrizione nucleare indotta dal messaggio ormonale, intesa come derepressione o repressione di geni, o a quella che l’aromatizzazione ad estrogeni possa essere molto più attiva in certe zone rispetto ad altre (Schweihert H.U.).

La conversione intracitoplasmatica del testosterone nel metabolita attivo diidrotestosterone, ad opera dell’enzima 5 alfa reduttasi, nodo centrale del controllo steroideo del ciclo del capello, avviene in presenza del coenzima NADPH2 la cui disponibilità è fattore di controllo e regolazione del metabolismo dell’ormone maschile. Il diidrotestosterone si combina quindi con un recettore citosolico, di natura proteica, a formare un complesso che entra attivamente nel nucleo cellulare, si coniuga successivamente con la cromatina, a livello di un recettore specifico, e tramite la formazione di mRNA, deprime (o induce) la sintesi proteica a livello ribosomiale (Farthing M.J.). In carenza di NADPH2, ma in presenza di NADH2, il testosterone può essere convertito in androstenedione dalla 17 beta idrossisteroido-deidrogenasi (Adachi K.) e poi aromatizzato ad estrone (Schweihert H.U.).

 

L’energia per la sintesi proteica nel follicolo in anagen è fornita dal metabolismo del glucosio, che costituisce il secondo sistema fondamentale di controllo del ciclo del capello. Nel follicolo in anagen l’utilizzo del glucosio è aumentato del 200% rispetto al follicolo in telogen. Anche la glicolisi risulta aumentata del 200%, l’attività del ciclo degli esosofosfati dell’800% e il metabolismo glucidico attraverso altre vie del 150% (Halprin K.M. - Parker F.).

Il cambiamento metabolico più importante nel passaggio dalla fase telogen alla fase anagen sembra consistere nell’attivazione dello shunt degli esosofosfati (Parker F.) che produce grandi quantità di NADPH2, essenziale per la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone, realizzando così un primo fondamentale controllo a retroazione sulla durata dell’anagen.

La scissione del glicogeno, di cui è ricca la papilla del pelo alla fine del telogen, l’attivazione della glicolisi, ed in definitiva la fornitura di energia al follicolo pilifero, sono in funzione della disponibilità di fosforilasi che dipende dai livelli intracellulari di Adenosin Monofosfato Ciclico (cAMP) (De Villez.R.L).

L’cAMP è così un altro fattore che media attraverso una diversa via gli effetti degli ormoni sessuali sul follicolo pilifero ( Adachi K.).

La teoria dell’cAMP “secondo messaggero” pone che il primo messaggero, un ormone in senso classico, sia trasportato nel plasma fino al suo recettore sulla membrana della cellula bersaglio. Con l’intermediazione di una prostaglandina PGE2 (Sauk J.J.), ed in presenza di Mg++ o Mn++, una subunità catalitica della adenilciclasi produce cAMP da ATP. L’cAMP inizia la fisiologica cascata di attivazione di proteine chinasi che porta all’attivazione della fosforilasi. Durante l’anagen anche l’attività (o la disponibilità) della esochinasi, che trasforma il glucosio ematico in glucosio 6-fosfato, dipende dai livelli di proteina chinasi attiva.

 

Sappiamo che:

il diidrotestosterone, ma non il testosterone né l’androstenedione, è in grado di inibire l’adenilciclasi e riduce la disponibilità di cAMP a livello dei follicoli piliferi (Adachi K.);

l’estrone, ma non l’estradiolo, attiva invece l’adenilciclasi aumentando l’cAMP nelle cellule follicolari (Parker F.);

le cellule della matrice del pelo sono in grado di metabolizzare, in presenza di NADH2, il testosterone ad androstenedione (De Villez R.L.);

il follicolo pilifero è in grado di aromatizzare l’androstenedione ad estrone (Schweikert H. U.).

 

 

 

C’è una stretta relazione fra follicoli in anagen che producono diidrotestosterone da testosterone col calo dei livelli di cAMP fino al telogen e follicoli in telogen che metabolizzano testosterone ad androstenedione (De Villez R.L.), androstenedione (Schweikert H.U.) ed estradiolo in estrone (Parker F.), con l’aumento delle concentrazioni di cAMP, fino al via di un nuovo anagen.

I processi di aromatizzazione del follicolo pilifero sono essenziali, in particolar modo nel maschio, a mantenere l’anagen.

Dunque l’cAMP modula la fornitura di energia necessaria alla sintesi della cheratina innescando un sistema di proteine chinasi che attiva la fosforilasi e controlla la funzione della esochinasi. Tutto ciò in presenza di Ca++ e Mg++ e con consumo di ATP.

 

La proteina chinasi, la cui attivazione costituisce la prima tappa della cascata, consta di una subunità regolatrice ® e di una subunità catalitica ©. Unite queste subunità non sono attive. L’cAMP lega la subunità R e libera la subunità C che così può innescare la catena metabolica.

La subunità C attivata controlla però anche alcuni sistemi di controregolazione di cui il più importante è l’inibizione dell’enzima fosfofruttochinasi che, nella glicolisi, presiede alla trasformazione del fruttosio 6-fosfato in fruttosio 1,6-difosfato.

L’inibizione della fosfofruttochinasi devia il metabolismo del glucosio verso lo shunt degli esosomonofosfati con produzione di NADPH2, incremento della attività della 5 alfa reduttasi e maggior produzione di diidrotestosterone che, a retroazione, inibisce l’adenilciclasi e quindi la produzione di cAMP.

Inoltre la subunità C attiva rallenta la sintesi delle proteine a livello della trascrizione dell’mRNA ed interferisce con il ciclo cellulare nelle fasi G1 ed S (Voorkees J.J.).

Così alti livelli di cAMP possono esitare in prematura fase telogen del capello (Adachi K.) e bassi livelli provocano ancora il telogen per carenza dell’energia necessaria alle sintesi proteiche (Comaish S.). Nel primo caso però avremo, dopo il telogen, un nuovo “anagen 6” con peli terminali (cioè la ricrescita di capelli normali), nel secondo caso avremo invece la ricrescita di peli sempre più involuti fino al pelo vellus, tipica della calvizie comune maschile.

 

 

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