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Effetto Redistributivo Di Servizi Pubblici Efficienti


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http://www.radicali.it/view.php?id=79568

 

 

Splendido articolo:

 

 

 

Più tasse più servizi meno fischi

 

 

• da La Stampa del 15 dicembre 2006, pag. 1

 

 

di Franco Bruni

 

Se passa la Finanziaria Prodi può fare un brindisi di Natale più sonoro. Ma non può rilassarsi. Deve risalire la china di impopolarità in cui la manovra lo ha precipitato. Si parla di «fase 2», per rilanciare il governo con liberalizzazioni e riforme. Ma ciò richiede di colpire robusti gruppi di interesse ed è difficile, vista la popolarità consumata nella manovra di bilancio. La fase 2, da sola, non regge. Per rimettersi in corsa al governo conviene rivisitare proprio il tema della finanza pubblica, recuperando consenso sullo stesso terreno dove lo ha perduto.

 

Le polemiche sulla Finanziaria hanno riguardato soprattutto la questione delle tasse. Il governo ha fatto bene a mettere la lotta all’evasione al centro della manovra, ma è stato inutilmente minaccioso nel dichiarare la sua guerra e imprudente nel darne il risultato per acquisito nel bilancio.

 

E poi ha pasticciato con aliquote e tasse varie, cercando di caratterizzare la sua azione in senso ridistributivo, finendo per ridistribuire poco e irritare molto. Dopodiché è apparso chiaro che l’appello demagogico all’avversione degli italiani per le tasse può avere molto successo.

 

La ragione è che la gente non associa le imposte all’impiego del loro gettito: fra tasse e servizi pubblici c’è il filtro di politici poco credibili e di un’amministrazione inefficiente.

 

Da ciò bisogna partire per rilanciare la finanza pubblica come parte nobile della politica, cancellando l’impressione che sia solo questione di tiro alla fune ridistributivo, tagli sanguinosi, vincoli europei che la gente non comprende.

 

 

Va fatta risaltare la relazione fra bisogno di gettito fiscale e desiderabilità della spesa che esso finanzia. (frase che a giudizio del moderatore è di una bellezza spettacolare)

 

Serve perciò un messaggio progettuale di speciale attenzione ai servizi pubblici: da dare subito, in modo impegnativo e convincente, discutendo e tentando convergenze con l’opposizione.

 

Un nuovo programma di controllo e larga diffusione di dati sulla consistenza, gli obiettivi di produzione e la qualità dei servizi pubblici; di calcolo trasparente dei loro costi e benefici; di esplicita assegnazione del grado di priorità dei diversi servizi; di graduale ma radicale riorganizzazione della spesa pubblica, ridiscutendone ogni voce come se si potesse ripartire da zero; di aumento, nel settore pubblico, di incentivi e verifiche mirati a migliorare i servizi.

 

Inoltre, la responsabilità politica dell’insieme dei servizi pubblici dev’essere assunta dal governo senza equivoci rinvii agli enti locali. Il decentramento è uno strumento per rendere più efficiente l’amministrazione: non dev’essere una scappatoia per confondere le idee agli elettori. I guai del federalismo sono tanti, ma il peggiore è la perdita di controllo politico complessivo sull’offerta e il finanziamento dei servizi pubblici, col cittadino disorientato dai molteplici livelli di governo dietro ai quali i politici nascondono la loro impotenza.

 

Dei servizi pubblici va sottolineato l’effetto ridistributivo. In proporzione al reddito, il loro consumo è maggiore fra i più poveri e i più deboli. Il beneficio di strade pulite, sicure, alberate, servite da trasporti pubblici efficienti, non ingolfate di tracotante traffico privato, va indiscutibilmente di più a chi ha fortune private inferiori. I più fortunati possono supplire con beni privati alle carenze dei servizi pubblici: dai trasporti alla scuola, dalla sanità agli asili nido, dai presidi ecologici alla protezione del risparmio. C’è prova, non solo nei Paesi sottosviluppati, che persino l’ordine pubblico e la giustizia, per ineliminabile ma somma ingiustizia, possono essere in parte sostituiti, da chi è più ricco e potente, con protezioni e privilegi privatissimi.

 

Perché contribuiscano all’equità non occorre che i servizi pubblici siano confezionati apposta per i poveri, né che sian forniti gratuitamente, né finanziati con tassazione molto progressiva.

 

Con i servizi pubblici l’equità si ottiene meglio che facendo alchimie con le aliquote delle imposte e coi trasferimenti di reddito monetario: le alchimie distorcono gli incentivi a lavorare e produrre e il loro fine è sfuggente in una società dinamica e articolata in classi che cambiano continuamente definizioni e confini.

 

Un’offensiva politica di riqualifica dei servizi pubblici riduce anche gli sprechi e, per quanto ambiziosa, finisce per consolidare la riduzione del disavanzo. Non manca certo di ostacoli e nemici, perché evidenzia la necessità di imposte e tariffe per finanziare i servizi e richiede interventi di liberalizzazione, di accentuazione della mobilità e della meritocrazia, e alcune difficili riforme strutturali, come quella del pubblico impiego.

 

Richiede cioè sfide ai demagoghi di destra e di sinistra. Ma se tasse, tariffe e riforme sono centrate sull’obiettivo dei servizi pubblici, i demagoghi hanno meno presa. Gli elettori associano meglio i costi ai benefici e la sfida è più facile da vincere che quando la Finanziaria presenta i suoi costi collegati a indigeste riduzioni del disavanzo o a controverse mete di sviluppo ed equità.

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