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Formazione ...


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Vi riporto un interessante articolo apparso >> qui <<. L'argomento è specifico e quanto mai attuale oltre che traslabile in qualsiasi ramo della nostra vita sociale.

 

Formazione, parola magica, sotto il cui ombrello finiscono per ripararsi banche, assicurazioni, network immobiliari e della consulenza creditizia. Quasi a voler giustificare qualche mancanza che, o si è evidenziata, o potrebbe evidenziarsi nel loro sistema e nei loro uomini. Attribuire tanta importanza alla formazione è un po’ come investire, in un altro ambito, nella ricerca scientifica. Tendenzialmente si è portati a credere che più ricerca si fa più scoperte innovative si portano a casa e più business si può mettere in preventivo. Magari questa seconda affermazione viene compressa tra le righe perché potrebbe apparire ‘politicamente scorretta’.

Leggiamo spesso di migliaia, centinaia di migliaia, di ore spese in aula o sul campo per la formazione. Le aziende riportano questi numeri all’inizio dei propri bilanci come cartina di tornasole del loro certo impegno sociale. Non abbiamo dubbi che i numeri indicati siano giusti né che gli illustri esperti chiamati a tenere le lezioni siano veramente il meglio esistente sulla piazza, né tanto meno vogliamo fare orecchie da mercante al grido di dolore che, sia pure smorzato, si alza quando si parla di soldi spesi. Anche ammesso che sia tutto vero solo un sospetto ci coglie. Ma chi verifica questa formazione? chi certifica l’esistenza e il buon esito di questi corsi? chi stabilisce l’effettiva correttezza dei docenti e la loro preparazione? Spesso sono gli stessi manager dell’azienda che diventano formatori, perpetrando magari l’errore originale di cui sono stati vittime in passato essi stessi. Da un piccolo sondaggio svolto tra le categorie degli agenti immobiliari e dei consulenti o mediatori creditizi emerge una forte motivazione da parte dei network a fare formazione ma, a nostro modestissimo parere, con un difetto di base evidente: il corto raggio. Si insiste cioè su quegli aspetti tecnici, comportamentali, amministrativi, normativi, di conoscenza del prodotto, persino psicologici, esclusivamente per creare un buon uomo d’azienda, più precisamente un bravo venditore. Quasi mai, anzi mai, si cerca di inculcare quei concetti culturali di base che dovrebbero renderlo più preparato nella sua materia, raramente gli si trasmette la voglia di documentarsi sul settore industriale in cui opera, mai e poi mai lo si abitua a consultare una rivista specializzata, un libro, un giornale orientato alla loro attività. Quasi come se questa gente, o professionisti come giustamente amano chiamarsi, vivano in un mondo a parte non soggetto a mutamenti, trasformazioni, evoluzioni. O, senza andare per il difficile, immobile e cristallizzato dove non succede mai nulla: i tassi non variano mai, le leggi sono sempre le stesse, le tasse e le imposte non interessano, i mercati sono variabili indipendenti dalla congiuntura economica e territoriale. Certo è questo un problema che non investe solo questa categoria di professionisti. Se vogliamo essere sinceri il dramma è generale: dei medici, degli avvocati e dei giudici, degli insegnanti e dei giornalisti, perché no. In conclusione ci piacerebbe che tante ore investite per formare agenti immobiliari o consulenti dei mutui venissero supportate da qualche mezz’ora dedicata alla documentazione personale sul sistema economico in cui questi soggetti operano, sugli andamenti dei principali parametri che riguardano la loro attività, sugli approfondimenti di tendenza o di analisi. Per carità nulla di eccezionale: magari basterebbe far trovare al mattino in ufficio qualche copia in più del Sole 24 Ore piuttosto che la Gazzetta dello Sport.

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E' vero,manca un pò dappertutto sia cultura specifica sia cultura generale,cioè si hanno nozioni superficiali sia sull'oggetto specifico trattato,sia sul contesto generale nel quale lo stesso si inserisce.Ma è un processo inevitabile ed invertibile solo periodicamente grazie a fasi cicliche di più o meno relativa innovazione concettuale prima che tecnica e tecnologica.Le aziende minimizzano il rischio seguendo trend

formativi che privilegiano il percorrere e il ribattere su tecniche e modalità del vendere piuttosto che su nuovi prodotti che introducano nuovi scenari del vivere.

La gente,come nel caso della televisione,accetta di buon grado modi e mode,non riuscendo ad imporsi nella catena del consumo sino al punto di determinare cambiamenti effettivi,comunque non abbastanza e abbastanza poco.

 

Bè, siamo in un epoca in cui l'evoluzione tecnologica lascia esiguo margine all'innovazione dell'approccio e del concetto,ci si muove per approssimazioni millesimali e spesso è arduo distinguere se la direzione sia 'avanti' o 'indietro'.

Ma insomma, il controllo e lo stimolo a perseguire come obiettivo primario quella che impropriamente potremmo chiamare qualità specifica e aspecifica non arriva nè dall'alto(gerarchie aziendali,enti preposti a certificare..)nè dal basso(utenti, clienti e acquirenti di servizi e prodotti).

 

Se però andiamo a ritroso lungo la 'filiera' che determina in ultimo questo scenario vediamo che molto potrebbe essere fatto a livello dei contenuti della scolarizzazione,soprattutto ma nn solo scuole superiori e università, luoghi elettivi della formazione di ognuno:aumentare la cultura specifica servirebbe ad acquisire

elementi di maggiore conoscenza nella valutazione di fatti e processi occorsi e futuri,accrescere quella generale(e su cosa ciò significhi potremmo invecchiare..) fornirebbe la possibilità di contestualizzarli nell'ambito di dimensioni vitali ed esperienziali dinamiche e meglio disposte ad accettare o proporre la creatività come presupposto necessario alla 'diversità' e alla 'ricchezza' di opportunità.

 

Quante volte parlando con un medico generico si ha la sensazione che sappia

poco della materia specifica che sta trattando e certo meno di come la stessa

abbia a che fare e possa influenzare la nostra vicenda psicologica e 'storica'?

L'assolutismo scientista assurto a baluardo insindacabile,che data in fondo 'solo' 2 secoli,propone 'fatti' veri nell'ambito di confini dati a priori:le dimensioni che finora appaiono evidenti,quelle sensibili.In pratica..cerca tutte le verità esperibili e ripetibili all'interno di un contenitore già scelto...una volta scoperta la prima,in sintesi,si procede con metodo dogmatico ad accrescere la conoscenza..ma di

quel 'contenitore'.Ma è una conoscenza che con evidenza tocca e inerisce questioni

profondamente 'spirituali',se mi è concesso il termine senza averlo introdotto,e irrisolvibili,come il limite prima e oltre del quale inizi e cessi la vita,per esempio,o il concetto stesso di persona,di unicità ontologica della stessa o della sua 'ripetibilità'.

 

E chi sta dalla parte 'opposta' spesso o sempre argomenta nella (solo) presunta proiezione della 'fede ultraterrena', quindi metadimensionale come opposta alla ridotta capacità interpretativa che prima affibbiavamo per pretesto ai nostri 5 sensi e alle ripetizioni dell'esperienza da questi rilevate, 'cosa' che poi chiamiamo scienza.Solo che chi così argomenta utilizza in realtà poca proiezione metadimensionale e molta 'sensazione' del tutto terrena.

 

in entrambi i casi,dell'inamovibile dogma scientifico e della pretesa imperscrutabilità della 'fede' religiosa,il percorso creativo e conoscitivo diventa una tecnica,ripetibile e 'standardizzata',dove l'oggetto del conoscere viene negato

per fare posto agli aggregati di significato(comprovati da ottiche diverse)che nel corso dei secoli entrambi i 'contendenti' hanno sedimentato dietro di sè.

 

Dal macro al micro la tecnica prende il posto dell'oggetto,così la catena produttiva si occupa sempre più di connotare l'oggetto venduto allestendo processi formativi

'speculativi' e non innovativi in senso fattuale.

 

Popper(il padre della mastoplastica additiva..)diceva con un paradosso che la religione e la scienza costituissero due identici atti di fede:"asensoriale" la prima,"verosimile"e non vera la seconda per la 'relatività' dell'ambito nel quale opera,ma "asensoriale" a sua volta se assurta a dogma.Due 'tecniche' una volta 'entrate a regime'.

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Anlan ma faccio l esempio scemo:in un settore specifico sarebbe opportuno leggere l sole 24 orepiuttosto che il quotidiano sportivo.Ma la formazione dei giornalisti per esmpio??Dove la mettiamo??Siamo sicuri che l aggiornamento,l informazione,esistono anche li?.Si da vita cosi ad una serie di rimandi infiniti.

PEr ora,speriamo che la formazione non manchi.Cominciamo da quella.Partiamo da ore ed ore di aula,poi speriamo nel singolo individuo.MAgari nel genio!!!???MAgari si.Non saprei..

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Mah guarda billo ... forse l'esempio da te portato è un po' estremizzato. Per come la vedo io ci sono professioni (e quella del giornalista è una di quelle) in cui l'informazione stessa è l'oggetto professionale mentre il modo di divulgarla rientra negli obiettivi di una buona formazione giornalistica: in altre parole non può (non potrebbe) esistere un giornalista poco informato.

 

Al contrario, in moltissimi altri settori, la formazione è spesso vista solo in funzione dell'ottimizzazione del processo produttivo non certo a favore della "crescita" professionale del singolo. Il problema, ovviamente ha due facce: da un lato l'esigenza dell'azienda di massimizzare profitti e ridurre sprechi, dall'altro (ed aggiungo io - troppo spesso), la pigrizia del singolo che predilige la lettura della gazzetta a discapito di una più approfondita conoscenza del proprio ambito merceologico e del contesto in cui opera.

 

I distinguo ovviamente possono essere infiniti: non si può chiedere, ad esempio, ad un operaio di catena di montaggio di "informarsi" ... non perchè non ne abbia la volonta' ma perchè la natura della sua attività lo limita a prescindere.

 

L'aspetto, secondo me, è da rilevare riguarda la tendenza ad intendere la professionalità (e quindi a cercare di crearla) slegata dal contesto in cui questa dovrebbe essere applicata. Ciò porta ad avere (giusto per fare un esempio legato alla mia attività) professionisti che implementano un sistema informativo di uno studio legale esattamente come lo farebbero per una fabbrica di ciabatte: perchè il computer funziona sempre allo stesso modo con minimo riguardo per i risultati che il cliente si aspetta.

 

E così abbiamo (altro esempio) consulenti finanziari che sanno spiegarti nei minimi dettagli la soluzione di mutuo per la quale sono stati "formati" senza preoccuparsi del fatto che si adatti bene alle tue esigenze.

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CErto Anlan,sei stato chiarissimo!I miei esempi sono "estremizzati",apposta ho tirato sempre in m odo "estremo",la genialità in ballo.Ci vorrebbe una preparazione a 360 gradi in tutti i settori professionali.Ricordo al liceo un prof di latino;riteneva che la matematica,se non si vuol diventare un ingegnere,serve giusto per fare i conti per far la spesa tutti i giorni!Assurde queste parole ssoprattutto quando sono pronunciate da chi ha il compito di educare.Non molto tenmpo fa,lessi di alcune aziende disposte ad assumere laureati in materie umanistiche,forse proprio per questo problema.Almeno anche per questo.Poi non m informai piu di tanto.BRavo,colui che va oltre i limiti apparenti della professione ,del settore in cui opera.TALVOLTA,GENIALE.

Credo che anche per mandare avanti una salumeria,occorrerebbe maggiore INFORMAZIONE :blink:

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