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Seborrea E Forfora


mitrhil

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Salve a tutti.

Vorrei chiedere un parere al dott. Gigli e dott. Marliani circa la relazione possibile tra seborrea e forfora. Ho letto infatti che mentre la seborrea sembra essere causata da una alterata risposta delle ghiandole sebacee rispetto agli stimoli degli ormoni androgeni (diidrotestosterone), la forfora sembra essere legata ad un'infezione del cuoio capelluto dovuta al proliferare di una serie di microorganismi tra cui spicca il Pityrosporum ovale. Volevo sapere se l'eccesso di sebo potrebbe essere un "terreno fertile" per lo sviluppo del Pityrosporum e se limitando la produzione di sebo si potrebbero avere dei benefici anche sulla produzione della forfora.

Un'ultima cosa: ho anche letto che i prodotti topici, ossia i vari shampoo o lozioni, non si rivelano efficaci contro la seborrea. Consigliate l'assunzione di sostanze quali l'ISOTRETINOINA (es. roaccutan) oppure esistono altre cure valide?? :rolleyes:

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LA FORFORA (pitiriasis simplex capitis)

 

 

Generalità

La “forfora”, affezione di poco conto ma non banale, insorge normalmente fra i 10 ed i 25 anni e migliora spontaneamente verso i 45-55; può tuttavia persistere fino alla vecchiaia.

E’ causata da un accelerato ricambio delle cellule epidermiche che, a causa dell’aumento di velocità di migrazione, non riescono a raggiungere la completa maturazione prima di distaccarsi. Si formano pertanto delle squame bianche o grigiastre (ammassi di cellule cornee), localizzate in chiazze o, più spesso, diffusamente distribuite su tutto il cuoio capelluto. Il prurito è scarso o assente.

 

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aA causa della irregolare disposizione delle cellule cornee nella forfora, a differenza di quanto comunemente si ritiene, lo strato corneo è più permeabile di quello di un cuoio capelluto normale e si dovrebbe pertanto tenerne conto nel valutare una possibilità di assorbimento indesiderato di sostanze farmacologicamente attive applicate localmente.

 

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Le cause sono ancora discusse e, in particolare, oscura rimane un’ipotetica influenza “androgena” suggerita da alcuni Autori. Neppure hanno alcun fondamento le tanto spesso citate responsabilità dell’apparato digerente e in particolar modo del fegato. Più interessante appare il dato, scientificamente accertato, che, nelle squame e fra i capelli dei soggetti con forfora è spesso presente in quantità massiva un micete (un fungo), il Pityrosporum ovalis, il cui ruolo patogenetico non è tuttavia definitivamente chiarito. La forfora può anche essere presente in assenza di elevati quantitativi di Pityrosporum per cui non è ancora del tutto chiarito se sia il micete responsabile della forfora o, al contrario, un cuoio capelluto con forfora costituisca un terreno favorevole al suo sviluppo.

Clinicamente si distinguono una pitiriasi secca o semplice, nella quale il cuoio capelluto è coperto da piccole squame molto fini, di facile distacco, che impolverano gli abiti, con cute normale e modesto prurito, da una pitiriasi grassa o steatoide, nella quale squame più grosse, untuose e giallastre, aderiscono ad un cuoio capelluto talvolta leggermente eritematoso e trasudante; in questo caso il paziente può riferire un modesto prurito.

 

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Aspetti clinici ed istopatologici

La forfora e un processo desquamativo del cuoio capelluto che non si accompagna ad altre patologie cutanee localizzate sul capillizio od in altre sedi. I vari studi la considerano comunque una anomalia, in quanto alcune persone non presentano assolutamente forfora (Van Ebbe, 1964; Leyden and Kligman, 1979). La facilità di separare tale condizione dalla psoriasi e dalla dermatite seborroica e stata ripetutamente ribadita da svariati autori (es. Ackerman and Kligman, 1969) ma il motivo per cui sia lecito tenere separate le queste condizioni non ci è del tutto chiaro. Non si può affermare che la psoriasi e la dermatite seborroica di moderata gravità presentino aspetti clinici distinguibili da quelli della forfora.

I vari reperti istopatologici sono confusi ed in contrasto tra loro. Lo studio di Ackerman e Kligman (1969) che ha stabilito una netta separazione della forfora dalla psoriasi e dalla dermatite seborroica pare essere stato successivamente ritrattato dallo stesso Kligman e collaboratori (1979), i quali, riesaminando tutti i reperti istologici che avevano costituito il presupposto del loro precedente studio (Alexander, 1967; Plewig and Kligman, 1970), ritengono esistano aspetti comuni ad entrambe le condizioni.

Gli studi sinora eseguiti non sono sufficienti ed adeguati a dimostrare se la forfora abbia o no una sua specifica connotazione istopatologica e se possa essere tenuta distinta dalla psoriasi e dalla dermatite seborroica di media gravità in base a specifici criteri clinici o istopatologici.

 

Microbiologia

A dispetto della differenza tra i vari studi eseguiti, la maggioranza degli autori concorda nell’affermare che i principali organismi che si riscontrano sono i batteri aerobi, il bacillo dell’acne ( Corynebacterium acnes) e svariati Pitirospori (Reddish, 1952; Vanderwyk and Roia, 1964; Roberts, 1969; Vanderwyk, 1969; McGinley et al., 1975; Leyden et al., 1976; Priestley and Savin, 1976; Leyden and Kligman, 1979 e altri). La presenza più frequente e indubbiamente quella del Pityrosporum Ovale, e tanto più grave e la desquamazione tanto maggiore e il numero di microrganismi reperibili. Non e nota la relazione con gli altri Pitirospori; parimenti non si conosce la relazione con microrganismi di superficie o a localizzazione follicolare e con forme libere e filamentose. Ne consegue che per molti anni il punto fermo della microbiologia della forfora è stato la stretta relazione tra la forfora e la costante presenza del Piyrosporum Ovale (es. Keddish, 1952).

 

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Pityrosporum ovale: primitivo o secondario?

Esistono a tale proposito svariati studi di diverso tipo. La maggioranza di essi tenta di risolvere il problema utilizzando antibiotici e si tratta comunque per lo più di studi aperti condotti su un numero ristretto di pazienti. Ciononostante è difficile sottrarsi alla conclusione che il Pityrosporum è la causa immediata della squamosità e non viceversa. Gli unici dati che supportano la tesi contraria sono quelli del gruppo di Kligman (Ackerman and Kligman, 1969; Kligman et al., 1974; Leyden et al., 1975; McGinley et al., 1975; Leyden et al. 1976) e del gruppo di Imokawa (1981) che tratteremo successivamente. In generale una diminuzione della forfora (valutata clinicamente o misurata in termini di desquamazione) ed una diminuzione del Pityrosporum Ovale è stata riscontrata dopo trattamento con sulfide di selenio (Leyden et al., 1976; Leyden and Kligman, 1979), zinco piritione (Imokawa Ct al., 1981), anfotericina (Barber, 1977), nistatina (Vanderwyk and Roia, 1964), ed econazolo (Aron-Brunetier, Dompmartin-Pernot and Droubet, 1977).

L’unico punto in comune tra tutti questi trattamenti consiste nella loro azione antimicotica. Trattamenti antimicrobici sembrano invece essere inefficaci (Leyden et al., 1976; Leyden and Kligman, 1979).

 

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Esperimenti di Gosse e Van Der Wyke (1969)

Sono esperimenti particolarmente degni di nota perché dimostrano che nonostante l’uso prolungato di un agente antimicotico quale la nistatina, una reinfezione sperimentale del capillizio mediante un ceppo di Pityrosporum Ovale resistente alla nistatina comporta una recidiva della forfora in pazienti che avevano precedentemente risposto alla nistatina. Tale validissimo esperimento non ha peraltro ricevuto tutta l’attenzione che sicuramente merita. Esso dimostra con estrema semplicità che è la presenza o l’assenza del solo micete ad essere critica e rappresenta una delle più evidenti affermazioni contro la convinzione che gli agenti antiforfora agiscano mediante un meccanismo di tipo citostatico.

 

La forfora come difetto di replicazione delle cellule epidermiche

La convinzione che la modalità d’azione dei svariati agenti antimicotici sulla forfora sia di tipo citostatico e non legata alla loro azione sul Pityrosporum Ovale è stata proposta dal gruppo di Kligman quando non sono riusciti a dimostrare il miglioramento della forfora con l’applicazione topica di anfotericina (Leyden Ct al., 1976; Kligman et al, 1979), nonostante essi, al pari di altri, riscontrino un miglioramento col sulfide di selenio e con lo zinco piritione. Fatta eccezione per Imokawa et al. (1981), altri autori supportano quel punto di vista. Ancora nessuno dei lavori che sostengono l’esistenza di un meccanismo di tipo citostatico fornisce soddisfacente evidenza che gli agenti antimicotici agiscono mediante virtuale soppressione della replicazione delle cellule epidermiche.

 

Conclusioni

Le conclusioni che derivano dalla revisione della letteratura sono le seguenti:

1 - il Pityrosporum Ovale è il più comune microrganismo quantitativamente associato alla forfora;

2 - una diminuzione del Pityrosporum Ovale da parte di un ampio spettro di agenti antimicotici comporta una diminuzione sia dell’aspetto clinico della forfora sia della misurazione oggettiva della desquamazione;

3 - la ricolonizzazione con il microrganismo comporta la ricomparsa della forfora;

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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Seborrea

 

Si intende con questo termine l’eccesso di produzione di sebo. La seborrea o cute oleosa è un fenomeno comune che viene raramente diagnosticato, forse per il fatto che viene considerato una condizione normale o comunque parafisiologica. La cute del seborroico, nelle aree ricche di ghiandole sebacee, è lucida; le pieghe naso-labiali, la fronte o la zona retro-auricolare, risultano al tatto grasse ed oleose ed i pazienti, specialmente se donne, si lamentano di questo aspetto. Anche i capelli sono spesso grassi, difficili da pettinare e sul cuoio capelluto possono svilupparsi delle squame. Se la seborrea si associa a forfora, con formazione di squame giallastre ed untuose, si parla di pitiriasi steatoide.

Soprattutto durante il periodo estivo e nei climi caldi la seborrea può essere causa di grave disagio. Spesso, inoltre, è accompagnata dall'aumento della sudorazione (iperidrosi) tanto da risultare difficile stabilire se il principale responsabile delle sgradevole condizioni cutanee sia il sebo o il sudore. Nei mesi invernali o nei climi asciutti il problema appare essere meno rilevante.

La seborrea è un fattore predisponente verso altre dermatosi, come l'acne volgare, le follicoliti, la dermatite seborroica e la rosacea. Inoltre, la produzione eccessiva di sebo talvolta porta allo sviluppo di un odore corporeo rancido e sgradevole (bromidrosi). Negli anziani la seborrea tende a diminuire ma comunque il problema può permanere per tutta la vita.

Anche i fattori emozionali hanno la loro importanza. In molti casi la seborrea è solo un fatto soggettivo ed è il paziente che, per una sua personale valutazione estetica, riferisce di avere seborrea in assenza di reale riscontro clinico.

I soggetti con calvizie lamentano spesso untuosità del cuoio capelluto. Sia la seborrea che l’alopecia androgenetica sono legate alla attività androgena (diidrotestosterone ed androstandiolo) ma non c’è un rapporto di connessione diretto fra le due condizioni. Esistono soggetti con forte seborrea ma mai calvi, perché la calvizie androgenetica è ereditaria. Le predisposizione genetica è il fattore più importante anche nella determinazione del grado di seborrea. Seborrea e defluvio androgenetico sono pertanto spesso contemporanei ma non sono l’uno conseguenza dell’altro.

Gli ormoni androgeni stimolano la produzione di sebo mentre gli estrogeni la bloccano. Le sostanze antiandrogene esercitano un blocco ormonale a livello ghiandolare inibendo l’attività delle stesse ghiandole sebacee. Il principale inibitore terapeutico della produzione di sebo è comunque l'isotretinoina o acido 13-cis-retinoico. Sia l'utilizzo di estrogeni, di solito sotto forma di pillola antifecondativa, che l'isotretinoina determinano un miglioramento delle condizioni del paziente. Il dosaggio di acido 13-cis-retinoico necessario per migliorare una condizione di seborrea è molto inferiore rispetto a quello utilizzato nel trattamento dell’acne volgare. La prescrizione di un'unica dose orale di acido 13-cis-retinoico da 10 mg ogni tre o quattro giorni spesso è sufficiente a produrre un miglioramento notevole.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

Braun-Falco O. ed Al : “Dermatologia” Ed Italiana, Springer, Milano, 2002, 1053.

 

Panconesi E: “Manuale di Dermatologia” USES, Firenze, 1981, 16.

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Dermatite seborroica

 

E’ un’affezione molto comune caratterizzata dalla presenza di squame giallastre e untuose che, sul cuoio capelluto, a differenza di quanto avviene nella pitiriasi steatoide, si associano ad eritema a piccole formazioni crostose ed a prurito talvolta intenso. La dermatite seborroica è patologia ben conosciuta ma di facile inquadramento.

È constatazione obbligata per il dermatologo che esistono individui che dalla pubertà presentano una cute grassa, untuosa, lucida, lievemente ispessita e con gli orifizi follicolari più evidenti, specialmente ai solchi naso-genieni, alla fronte, al torace, al cuoio capelluto (con presenza di “forfora grassa”). E’ in questi soggetti seborroici che compare la dermatite seborroica. E’ costituita da chiazze eritematose rosee, o roseo-giallastre, o rosso cupo, coperte da squame di piccola e media grandezza spesse e untuose (seborroiche), talora simulanti formazioni crostose e con elementi vescicolosi di solito difficilmente apprezzabili. L'istologia è aspecifica: mostra aree di paracheratosi talvolta sovrastanti piccoli focolai di spongiosi. I limiti delle chiazze sono sfumati e irregolari, spesso figurati.

Una espressione tipica della dermatite seborroica, di solito circoscritta alla regione sternale e interscapolare, è quella detta, in passato, “eczema seborroico” con aspetto figurato per la confluenza di varie chiazze rotonde a limiti netti e margini convessi. È possibile anche una forma diffusa in chiazze pitiriasiformi e psoriasiformi. L'eczematizzazione è fra le complicanze più comuni. Vengono anche considerate complicanze della dermatite seborroica: l’otite esterna, l'eczema occipitale e della nuca. l'eczema ombelicale (spesso biotico), l'eczema delle areole mammarie della donna, perfino l'eczema penano-genitale che ha peraltro le più varie origini (biotiche, psicosomatiche, psoriasiche ecc.).

Frequentemente la dermatite è localizzata al cuoio capelluto e ai suoi margini e spesso dal capillizio emerge sulla fronte una chiazza festonata, la “corona seborroica”. Il rapporto della dermatite seborroica con il cosiddetto “defluvio seborroico” prevalentemente maschile che valorizzerebbe l'idea di una generica predisposizione del seborroico alla alopecia androgenetica è casuale: la dermatite seborroica non è di per sé alopecizzante.

Per cause non precisate la dermatite decorre cronicamente con fasi subcliniche e periodi di esacerbazione solo parzialmente influenzati dalla terapia.

La diagnosi differenziale della dermatite seborroica si pone soprattutto con l'eczema, le piodermiti (impetigine), la psoriasi (minore nettezza dei limiti, assenza di squame tipiche e dei tre segni caratteristici della goccia di cera, della membrana lucida, della rugiada sanguigna ecc.), la pitiriasi rosea (untuosità della squama, assenza di medaglione iniziale, diverse localizzazioni), le micosi, talvolta con il pemfigo eritematoso. Da notare una certa frequenza di associazione fra dermatite seborroica ed acne, rosacea, psoriasi che frequentemete complica il quadro clinico.

L’eziopatogenesi non è del tutto chiara si suppone che fattori infettivi, sia batterici che micotici (Pityrosporum ovale in particolare), meccanici, irritativi, psicosomatici e soprattutto una non chiarita “disfunzione sebacea” verosimilmente ereditaria, stiano alla base del cosiddetto “stato seborroico”. Nella dermatite seborroica l’incremento del Pityrosporum ovale è maggiore rispetto a quanto abbiamo detto per la forfora mentre la velocità di secrezione sebacea non è necessariamente aumentata. La composizione qualitativa del sebo è invece modificata: alla riduzione di trigliceridi, squalene e cere esterificate si contrappone l’aumento degli acidi grassi e del colesterolo (con formazione di prostaglandine - soprattutto PGE2 - attivazione del turn-over cellulare, per attivazione dell’adenilciclasi di membrana, attivazione della glicolisi e infine incremento della moltiplicazione cellulare in modo non dissimile da quanto presunto per la forfora).

La terapia controlla ma non domina la situazione. Tutta una serie di rimedi locali antiseborroici vorrebbero una trattazione specialmente per le lozioni e gli shampoo. I cortisonici non alogenati, esclusi dal trattamento generale se non in pazienti selezionati e per previ periodi, sono spesso utilizzabili con successo, specialmente come gel e lozioni, eventualmente associati ad antibiotici ed antifungini, quale trattamento locale. L’acido 13-cis-retinoico, analogamente a quanto detto per la seborrea, è spesso capace di migliorare notevolmente la situazione. Gli antifungini per uso generale, come il ketoconazolo, risultano spesso molto ma brevemente efficaci.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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