elfocoso Inviato: 10 Febbraio 2004 Segnala Share Inviato: 10 Febbraio 2004 :blink: salve sono un rarazzo di 30 anni e verso ottobre 2003 mi sono fatti trapiantare da un dottore di reggio emilia circa 600 capelli artificiali. lui mi ha assicurato che non mi avrebbero dato conseguenze, anzi mi aveva detto che molti ricorrono a questo metodo. poi visitando questo sito tutti ne parlano male. vorrei sapere la verità e se mi posso preoccupare. grazie 1000 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Marliani Inviato: 13 Febbraio 2004 Segnala Share Inviato: 13 Febbraio 2004 Non ti devi preoccupare ma secondo noi il metodo è sconsigliabile. L'impianto di capelli artificiali nel cuoio capelluto è una procedura para chirurgica utilizzata per mascherare una calvizie. Tale metodica si diffuse rapidamente dall'America e dal Giappone verso l'Europa approdando in Italia all'inizio degli anni 80. I "capelli artificiali", nella loro concezione originale (secondo Yamada), sono di poliestere colorati con pigmenti inorganici che danno loro un aspetto naturale. Fino a pochi anni fa arrivavano direttamente dal Giappone in contenitori sterili, oggi vengono prodotti un pò ovunque. La loro lunghezza originale era di 16 cm. Ad una estremità presentano una specie di cappio. Mediante un apposito strumento questi capelli vengono afferrati da un ago sottile e "sparati", anche senza necessità di anestesia, nel cuoio capelluto ad una profondità di 8-15 mm, cioè sempre sopra la "galea capitis" (fascia connettivale semi-rigida che si estende sopra e a protezione del cranio). Il "cappio", in basso al capello, funziona da sistema di ancoraggio quando intorno ad esso si forma tessuto cicatriziale. Durante ogni seduta possono essere impiantate anche senza anestesia alcune centinaia di questi capelli, di solito fino a 500. Il tessuto cicatriziale che si forma intorno al cappio fissa l'estremità del capello che rimane ancorato al sottocutaneo con una certa stabilità. Tra capello impiantato e cute avviene inoltre un processo di epitelizzazione, o meglio di marsupializzazione, che finisce per formare una specie di pseudofollicolo, sola barriera che dovrebbe impedire a germi di invadere il derma. Il capello artificiale, nonostante l'ancoraggio, va comunque incontro, come ogni corpo estraneo, ad un processo di superficializzazione che finisce con la sua espulsione; una perdita di tali capelli artificiali considerata media e normale oscilla fra il 10 e il 30% all'anno. Occorrono pertanto interventi periodici di rinfoltimento che compensino le perdite. Della tecnica originale di Yamada sono state proposte numerose varianti ma tutte senza reali vantaggi: differiscono fra di loro per il tipo di materiale con cui il capello è realizzato, per il metodo di colorazione più o meno superficiale della fibra, per il tipo di cappio che dovrebbe fermarlo alla galea, per la forma dell'ago infissore ma sopratutto per la provenienza del kit chirurgico. Una delle tecniche più originali prevede l'impianto di capelli a "V", che vengono inseriti con uno strumento ad ago retrattile, dotato di 2 punte, che aggancia il capello in corrispondenza del vertice della V e lo rilascia ad una profondità di 8 mm. Dato che così ad ogni impianto corrispondono 2 capelli e che il metodo di inserimento è velocissimo, si arriva fino a 800 capelli all'ora. Il risultato estetico immediato, specie nei casi di aree alopeciche limitate con assenza di tessuto cicatriziale e se la quantità di capelli inseriti non è troppo grande (2000-5000 capelli), è abbastanza buono ed anche la tolleranza del materiale artificiale da parte della cute è anch'essa, all'inizio, apparentemente buona. I risultati sono poi nel tempo, come vedremo, molto inferiori alle aspettative. Per un buon esito di questa tecnica occorre che venga rispettato un preciso protocollo le cui regole fondamentali sono: implantologo deve essere qualificato, specialista in dermatologia con esperienza di dermochirurgia, la fibra del capello artificiale deve essere un polimero medical-grade, già registrato nella farmacopea europea ed impiegato come filo da sutura. I pigmenti utilizzati nella fibra devono essere di origine naturale ed inglobati nel polimero ancora allo stato liquido perché non possa avenirne migrazione nel derma, il sistema di ancoraggio deve essere a nodo reversibile per consentire, se necessario, l'estrazione della fibra con danni cicatriziali minimi, le fasi di attuazione dell'intervento di impianto debbono essere collegate fra loro in maniera organica e programata per ottenere il meglio che il metodo può offrire, dopo il momento operatorio il paziente non sarà abbandonato ma verrà seguito adeguatamente nel tempo e da personale medico dermatologico adeguatamente preparato, l'informazione del paziente sul pre e sul post operatorio deve essere corretta! L'informazione deve essere anche chiara e precisa su quanto il metodo di impianto può dare e su quali sono i sui difetti connaturati ed i suoi limiti e costi. L'inconveniente più evidente di questo metodo consiste nel fatto che viene espulso fino al 30% dei capelli impiantati ogni anno e poiché è previsto un periodico intervento di rinfoltimento che compensi le perdite, i costi si fanno assai elevati e il soggetto diventa "dipendente" dal "centro tricologico". Inoltre ogni capello che viene espulso lascia una piccola zona di alopecia cicatriziale che piano piano finisce per trasformare l'alopecia androgenetica, in una alopecia cicatriziale. Sono poi anche drammaticamente frequenti fenomeni di reazioni da corpo estraneo con formazione di tipici granulomi infiammatori e caratteristica è anche l'infezione della cute causata da basse cariche di batteri, spesso anche antibiotico resistenti. Se tutto questo non bastasse ripetiamo che il prezzo degli interventi è molto alto, i preventivi vengono fatti un tanto a capello, e non è giustificato né dal costo del materiale usato né dai risultati ottenuti né spesso, purtroppo, dalla professionalità di chi effettua questi impianti. In Italia questa tecnica, dichiarata illegale negli USA dalla FDA nel 1983, è ancora praticata da "tricologi", spesso non meglio qualificati e spesso non medici, per i quali si configura anche il reato di esercizio abusivo della professione. Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Messaggi raccomandati
Crea un account o accedi per lasciare un commento
Devi essere un utente registrato per poter lasciare un commento
Crea un account
Iscriviti per un nuovo account nella nostra comunità. È facile!
Registra un nuovo accountAccedi Subito
Sei già registrato? Accedi da qui.
Accedi Adesso