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Nicholas

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  1. Nicholas

    Articolo Panorama

    Buongiorno a tutti, volevo solo allegare un estratto dell'articolo apparso sull'ultimo numero di Panorama che può offrire qualche spunto di riflessione e perchè no anche qualche speranza! Un saluto! "Capelli. Le nuove speranze dalla genetica" Imotivi per cui Dave, a 26 anni, aveva deciso di fare il suo primo trapianto di capelli erano i soliti. Il consulente Internet di Los Angeles voleva sentirsi sicuro con le donne e a suo agio in un ambiente di lavoro competitivo. Ma la sua calvizie era peggiorata, al punto da fargli indossare quasi sempre un berretto da baseball. In nove anni Dave ha subito otto trapianti di capelli, spendendo 11 mila dollari (oltre 20 milioni di lire). Ma il trauma dei ripetuti interventi ha distrutto molti follicoli piliferi. «Non posso neanche rasarmi per via delle cicatrici» racconta Dave. Il suo non è un caso isolato: ogni anno migliaia di uomini calvi si sottopongono a trattamenti costosi che, nel migliore dei casi, aggiungono solo una misera copertura, e nel peggiore procurano delusioni e cicatrici. Che cosa fare dunque? Finora la scienza non ha offerto soluzioni definitive. Nessuno dei due farmaci anticalvizie usati trasforma una palla da biliardo in un folto cespuglio. Il migliore fra i due, la Finasteride, offre la speranza, nella metà dei casi, di qualche capello extra dopo un anno di utilizzo. Mentre resta un mistero come il Minoxidil, all'inizio venduto contro i disturbi della pressione, possa funzionare. Con queste premesse, quando gli scienziati iniziano a parlare di trattamenti come creme genetiche e follicoli piliferi clonati, coltivati, rigenerati grazie alla terapia genica e alle cellule staminali, è facile essere scettici. Però è quello che ipotizzano oggi gli esperti e potrebbe essere vero. Sulle cause della calvizie si sa molto di più. E le nuove armi non saranno lozioni di dubbia efficacia, ma farmaci e terapie che agiscono su geni, proteine e ormoni responsabili della perdita dei capelli. «Nei prossimi dieci anni la cura sarà tutta diversa» prevede Rodney Sinclair, dermatologo dell'università di Melbourne che sta intraprendendo un'imponente ricerca per individuare i geni che predispongono alla calvizie. Il meglio delle biotecnologie per un problema così banale? «È incredibile quanto sia importante per molte persone» sostiene Ron Crystal, direttore dell'istituto di medicina genetica al Cornell medical college di New York. «Ogni settimana ricevo due o tre email da uomini di tutto il mondo che ci pregano di fare qualcosa e mandano fotografie scansionate dei propri crani». Crystal è famoso per la terapia genica contro tumori, fibrosi cistica e malattie cardiache. Ma ha anche scoperto un gene che, almeno nei topi, fa crescere i peli. Circa il 15 per cento degli uomini perde una percentuale consistente di capelli entro i 30 anni, mentre al 50 per cento succede entro i 45. Un processo di caduta che inizia su tempie o parte superiore del cranio e avanza fino a quando rimangono capelli solo nella parte posteriore. Quello che è tipico nell'uomo è raro nel regno animale: solo una particolare specie di macaco soffre di calvizie. Anche le donne perdono i capelli con l'età, ma in misura meno drastica. Per risolvere il mistero della calvizie, i ricercatori studiano i follicoli piliferi di chi soffre di questo problema. Una volta al mese fotografano lo stesso centimetro quadrato e le sue centinaia di follicoli, lo radono e lo fotografano nuovamente dopo due giorni. Le analisi rivelano che la calvizie non è tanto una questione di carenza, quanto di capelli del tipo sbagliato. Ogni capello si sviluppa indipendentemente dagli altri e la crescita non è costante: in media un follicolo pilifero impiega 18 mesi a crescere, allungandosi ogni giorno di 0,4 millimetri. Le cellule che producono i capelli muoiono e il follicolo resta inattivo per sei mesi, prima di far cadere il capello producendone un altro ed entrare in una nuova fase di crescita. Quando un uomo diventa calvo, i nuovi capelli diventano sempre più sottili e con meno pigmentazione fino a diventare quasi invisibili. A quel punto lo scalpo appare spoglio. L'uomo continua però ad avere tanti follicoli piliferi come un individuo con capelli, sebbene miniaturizzati. Succede solo a follicoli con particolari caratteristiche. E grazie a simulazioni al computer Bruno Bernard, chimico dell'Hair biology research group a Clichy, in Francia, pensa di avere individuato tali caratteristiche. Secondo Bernard, ogni follicolo è programmato per un numero limitato di cicli normali; dopo di che le cellule che producono i capelli calano e il follicolo ne produce solo di miniaturizzati. Ciò però non basta a spiegare perché alcuni diventano calvi, mentre altri no. Qual è la ragione? I follicoli piliferi dei calvi attraversano le stesse fasi di quelli normali, precisa Bernard. Il problema è che nei calvi queste fasi sono molto più veloci. Osservando lo scalpo di alcuni uomini, Bernard ha visto che nelle aree in cui cadevano i capelli i follicoli avevano cicli più brevi: con solo sei mesi per crescere. Tesi confermata dalle simulazioni al computer. Assieme ad Albert Goldbeter, matematico alla Free university di Bruxelles, Bernard ha messo a punto equazioni per descrivere il processo di crescita dei capelli, in un certo numero di cicli vitali, a velocità diverse e in differenti aree del capo. I ricercatori hanno applicato il modello matematico a un ipotetico scalpo con 10 mila capelli, invecchiandolo di 25 anni. Risultato: il cranio aveva perso i capelli nella parte superiore, proprio come in un uomo. Lo studio, del 2000, suggerisce che Bernard aveva ragione: una variazione nella velocità del ciclo può essere responsabile della calvizie maschile classica. Ma il ciclo si accorcia? Ippocrate era forse sulla strada giusta 2.400 anni fa quando notò che gli eunuchi non diventavano calvi. Pare che la perdita di capelli avvenga, in genere, solo se lo scalpo ha un apporto costante di un ormone maschile, il diidrotestosterone o Dht. All'interno del follicolo pilifero il testosterone subisce infatti una trasformazione ed è convertito, da un enzima detto 5 alfa reduttasi, in Dht. La castrazione ne rimuove la fonte principale. Anche se la quantità di Dht nel sangue dei calvi è la stessa di quella negli uomini con capelli, i suoi livelli nei follicoli piliferi tendono a essere più elevati nelle aree con calvizie: succede perché i follicoli hanno lì più enzimi che convertono il testosterone in Dht. Su queste teorie si sono basati i genetisti Stephen Harrap e Bustine Ellis dell'università di Melbourne, in cerca dei geni coinvolti nella calvizie. In un primo momento i loro tentativi non hanno avuto successo: i geni per gli enzimi che producono Dht si sono rivelati «innocenti». All'inizio del 2001, però, i due scienziati hanno scoperto che quasi tutti i calvi hanno una particolare versione di una proteina che trasporta il segnale del Dht nel nucleo, contro i tre quarti degli altri uomini. Ciò suggerisce che non si diventa calvi senza questa versione della proteina, anche se non è la sola causa. C'è però un problema che rende più lontana la prospettiva di una pillola miracolosa: la proteina è vitale in molte altre parti del corpo. «Se si inibisce il suo funzionamento» dice Sinclair «c'è il rischio di interferire sui meccanismi ormonali maschili. Sarebbe come creare un eunuco». Di certo la scoperta di Ellis e Harrap porta la caccia ai geni coinvolti nella calvizie sulla giusta strada, dopo anni di insuccessi. Il gene da loro individuato è sul cromosoma X e ciò suggerisce che la calvizie sia ereditata dalla madre, non solo dal padre. «Stiamo ora cercando uomini che abbiano ereditato la calvizie dalle madri, per avere maggiori possibilità di trovare gli altri geni» precisa Sinclair. Il ricercatore sta avviando la ricerca dei geni responsabili su un campione di 40 mila uomini e donne australiani. Oltre a individuare geni collegati al Dht, ne analizzerà una dozzina di altri, detti «patterning»: quelli che regolano la nostra anatomia di base, facendo in modo, per esempio, che un embrione di topo o di uomo sviluppi il giusto numero di arti al posto giusto. In pratica le cellule seguono determinati percorsi di sviluppo, a seconda della loro posizione nell'embrione. I geni associati allo sviluppo embrionale possono sembrare strani candidati per un fenomeno che solitamente si presenta in età avanzata. A meno di prendere in considerazione una serie di fatti curiosi. In primo luogo, i neonati (maschi e femmine) con molti capelli, spesso li perdono subito dopo la nascita, secondo lo schema della calvizie maschile. Inoltre i follicoli piliferi sulla parte posteriore dello scalpo di un adulto non si miniaturizzano se trapiantati in aree senza capelli. In altre parole, c'è qualcosa nella posizione originale del follicolo che ne determina il modello di crescita; e questo è regolato dai geni patterning nelle prime fasi di vita. Forse la prova migliore del ruolo di questi geni nella calvizie viene da studi su un gene chiamato Shh (Sonic Hedgehog, riccio acustico). L'Shh fa in modo che il cervello in crescita si divida in due emisferi e che si formino due occhi e due incisivi invece di uno solo; ma è anche vitale per lo sviluppo di follicoli piliferi normali. Le cavie geneticamente modificate senza Shh muoiono alla nascita, hanno follicoli piliferi distorti e non possiedono alcune delle cellule chiave per far crescere il pelo. Inoltre, il gene continua a svolgere il suo ruolo embrionale anche in età adulta e ciò succede probabilmente perché i follicoli piliferi sono tra i pochi tessuti che muoiono e si rigenerano di continuo. Come ha scoperto Crystal nel 1999, il gene Shh stimola la crescita dei peli anche in cavie adulte. Quando lo scienziato lo ha iniettato nella pelle delle cavie, sono nati nuovi peli. Anche se l'Shh sembrerebbe una scelta ovvia per una terapia genica anticalvizie, Crystal raccomanda prudenza: una dose eccessiva può causare il cancro. Il ricercatore ha scoperto come agganciare il gene a un virus-vettore che potrebbe essere usato per un graduale rilascio nell'organismo di piccole dosi, riducendone i rischi. Ma ci sono anche altre possibilità: per esempio creme a base di geni che, spalmate sulla pelle, agirebbero sui follicoli. Christopher Wraight, biochimico del Royal Children's hospital di Melbourne, sta sviluppando una pomata genetica per un'altra malattia, la psoriasi, in cui le cellule proliferano all'impazzata. Per ora ha dimostrato che iniettando nella cute di topi molecole antisenso, ossia pezzi di dna che bloccano i segnali dei geni, si può fermare la divisione cellulare incontrollata. Wraight spera di usare lo stesso approccio per la calvizie: una crema che, applicata ogni giorno, possa per esempio bloccare un gene che trasmette quei segnali dannosi del Dht al nucleo della cellula, senza far di un uomo un eunuco Ma una pomata genetica da usare quotidianamente sarebbe troppo costosa. Una soluzione può essere quella di sincronizzare tutti i follicoli affinché entrino nel ciclo di crescita contemporaneamente, ossia nell'unico momento in cui le cellule progenitrici possono inglobare nuovi geni. In tal modo basterebbe applicare la pomata solo una volta per ottenere una nuova chioma per i 18 mesi della durata del ciclo. Un farmaco in grado di sincronizzare i cicli dei capelli è già disponibile, osserva George Cotsarelis, dell'università della Pennsylvania Hair and scalp clinic di Filadelfia: l'acido retinoico, che regola la divisione cellulare ed è usato contro acne e rughe. Cotsarelis ha dapprima usato l'acido retinoico per sincronizzare i cicli dei follicoli piliferi in un volontario; poi ha prelevato un campione dello scalpo e lo impiantato in una cavia. Quindi, grazie a una lozione, ha introdotto geni marcatori (sequenze di dna impiegate in biotecnologia per seguire il percorso di un gene specifico) nelle cellule progenitrici dei follicoli sincronizzati. «È una ricerca importante perché mostra che si possono inserire i geni dove si vuole. E se si può fare con un gene marcatore, è possibile con qualsiasi altro» dice Angela Christiano, genetista ed esperta di calvizie alla Columbia University di New York. Cotsarelis deve ancora sperimentare diversi geni per capire quale funziona meglio, e soddisfare rigorosi requisiti di sicurezza. Sarà quindi necessario aspettare ancora parecchio. Se avrà successo però, potrebbe diventare il Rupert Murdoch della lotta alla calvizie. «Senza contare che ci sono farmaci che non hanno avuto grande successo, ma hanno comunque un mercato di milioni di dollari all'anno» sottolinea Sinclair, riferendosi ai farmaci minoxidil e finasteride. E il trapianto di capelli? È vero che resta il trattamento più efficace, però ha una limitazione importante: non aggiunge nuovi follicoli piliferi, ma ridistribuisce quelli già esistenti. Angela Christiano e Colin Jahoda della Durham university pensano di potere aggirare il problema. Hanno scoperto che cellule prelevate da follicoli umani si trasformano in nuovi follicoli se trapiantate in un'area senza capelli. Una sorta di clonazione follicolare. Sfortunatamente, ottenere cellule sufficienti per far crescere un nuovo follicolo significa distruggere 20 follicoli donatori. Se si riuscirà a moltiplicare le cellule prelevate facendole crescere in provetta, si potranno creare molti follicoli da un solo follicolo donatore. «Terapie cellulari come questa sono la nuova frontiera» prevede Christiano. La scienziata ha un interesse personale in queste nuove tecniche. Sei anni fa ha iniziato a perdere ciocche della sua chioma bruna, a causa di una alopecia aerata. «Per la prima volta ero io la paziente e nessuno ha saputo dirmi se guarirò». Christiano non è sola a sentirsi così frustrata. Il messaggio registrato nella sua segreteria al laboratorio informa che lei non sta conducendo esperimenti clinici. Nonostante ciò riceve email, telefonate e lettere ogni settimana, oltre a casi clinici e foto di scalpi. «Le persone raccolgono i propri capelli nelle spazzole o nel lavandino e me li mandano con un biglietto: "spero possa essere utile"».
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